Femminismo: erano tante e smemorate

martedì 28 novembre 2023


Non c’è alcun dubbio: erano veramente tante. Parliamo dei cortei delle donne contro i femminicidi che nel nostro Paese (vedi l’ultimo della povera Giulia Cecchettin) hanno raggiunto cifre preoccupanti.

Una grande manifestazione che spiega, fra l’altro, un’attenzione e una partecipazione che per molti italiani (maschi e non solo) sono apparse come un qualcosa non soltanto di inaspettato ma, soprattutto, in controtendenza rispetto ai tanti, troppi, luoghi comuni sulla donna. Già il Duce aveva sancito solennemente che la “donna italiana è la custode del focolare”. Diciamocelo inter nos: non ci siamo scostati di molto da una simile definizione di donna essenzialmente destinata a fare figli, ovviamente per la patria, come diceva lui. Dal dopoguerra in poi, mentre aumentava il ruolo della donna combinato con la sua uguaglianza con l’uomo, non sono tuttavia apparse persino le, chiamiamole così, barzellette tipo “donne, donne eterni guai” che poi confluivano in certe canzonette con controcanto di “donne, donne eterni dei”, cantato così, per scusarsi del primo.

E, tra l’altro, chi non dimentica un detto veneto che con la sua morbida cadenza dialettale non priva di voluta parabola, sanciva “che la piasa, che la tasa e che la stasa e che la staga in casa”. E così via.

Insomma, siamo nati e cresciuti in questo ambiente non esattamente “femminista”, anzi.

Ma il nostro elogio per le grandi o, come si dice, oceaniche manifestazioni, finisce qui pur non mancando mai il nostro profondo e convinto rispetto per quella che una volta chiamavamo la “questione femminile” che significa, in primis, un riguardo non solo paritario ma di impegno alla crescita della posizione femminile nella società. Perché finisce qui la lode?

Perché fra tutte le migliaia di manifestanti (una reggeva uno striscione con la scritta “Distruggiamo tutto”, probabilmente un residuo di antichi cortei giovanili della contestazione) si sono avvertite grida entusiaste a favore delle donne palestinesi con sventolii di bandiere, mentre non si è udita una che è una che ricordasse il massacro delle donne del 7 ottobre ad opera di Hamas ma, al contrario, elogi di questa organizzazione terrorista che “si ribella alla colonizzazione” e ai “delitti” (quali?) di Israele.

Eppure ciò che questi terroristi hanno compiuto stupri, massacri e omicidi di donne dei kibbutz israeliani è di una violenza e di una vergogna che ricordano i lager di Hitler e infatti, non a caso, sempre quei cortei hanno letteralmente ribaltato la storia dando del nazista a Israele. Lungi da noi l’idea di fare di questo nostro articolo un “ambiguo” scritto antifemminista come invece sostengono e vogliono gli organizzatori, pardon le organizzatrici, del corteo osannate dalla postcomunista Elly Schlein e da altri di una sinistra italiana con gli strilli della “destra che fu” dell’insuperato maestro nel cambio di casacca: Giuseppe Conte.

Ma questa dimenticanza la dice lunga non soltanto sulla maturità, ma sugli obiettivi di quel femminismo in sintonia con la sinistra italiana, confermando tutti i limiti di quella politica col suo inaccettabile retaggio ideologico che è l’opposto del liberalismo e della democrazia proprio quando sventola la bandiera della libertà. Beninteso, la loro.


di Paolo Pillitteri