Crosetto, la magistratura e la riforma

lunedì 27 novembre 2023


Sassolini di Lehner

Guido Crosetto scopre l’acqua calda. Denuncia, infatti, a mezzo stampa che la vera puntuta opposizione potrebbe scaturire dalla magistratura politicizzata, quella erede dei variegati ed eversivi fiancheggiamenti prima, durante e dopo gli anni di piombo.

Dal bollore stigmatizzato dal buon Guido partono polemiche, distinguo, infingardaggini, parole in libertà tipo “i magistrati non fanno politica”, espressione che pare ripresa dalla Dissimulazione onesta di Torquato Accetto.

Dall’acqua calda alla confusione ed ai vaniloqui.

Crosetto, però, non è uno che cada dalle nuvole, tant’è che non è inverosimile supporre che la sua acqua calda sia servita a distrarre dall’inerzia governativa riguardo alla riforma davvero importante per la nazione e per gli italiani, quella della giustizia.

Ricordo, da parlamentare del Pdl, la mia delusione sino alla frustrazione, davanti al Guardasigilli Angelino Alfano, che, una volta al dì, a mo’ di medicinale salvavita, annunciava la riforma della giustizia ad horas.

Il tempo, però, trascorse e della riforma si persero via via le tracce. Mi decisi allora a proporre in Commissione Giustizia una piccola ma decisiva perestroika riguardante il Consiglio superiore della magistratura.

La mia proposta era semplice, lineare, legittima, visto che mirava al rispetto della Costituzione (articolo 105: Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati), che da nessuna parte aveva previsto interferenze nei confronti del Legislativo e dell’Esecutivo, né atti a difesa di togati ostili al Governo. Chiedevo, insomma, che il Csm tornasse nell’alveo della Costituzione scritta. La proposta aveva, peraltro, il pregio di impedire a Giorgio Napolitano di opporre rilievi o veti in nome della... Costituzione.

La mia “scandalosa” miniriforma spaventò gli araldi quotidiani della grande riforma, di talché non venne mai presa in considerazione, e tanto meno incardinata, a cominciare dai giuristi del Pdl intenti a non infastidire la casta faraonica. Tanta cortesia verso gli esondatori togati emanava l’acre odore di vaselina per oleare il varo delle tante inutili leggine ad personam.

Ebbene, egregio Crosetto, in luogo dell’acqua calda per distrazione, vedi di esortare la pur brava Giorgia Meloni – non cito Carlo Nordio, perché il ministro è un vero liberale, quindi non ha bisogno di stimoli – a non passare alla Historia come allieva secchiona del maestro del dire e del non fare, il già Guardasigilli Angelino Alfano.


di Giancarlo Lehner