sabato 18 novembre 2023
Diciamocelo: dopo i cortei sindacali affollati – ma il ministro Matteo Salvini ne ha ridotto il numero di presenze “esagerato” – va pur detto che i cortei di studenti più o meno abbinati, sono stati per molti una sorpresa. Soprattutto perché non se ne vedevano da anni.
Erano, quelli, i cosiddetti anni ruggenti delle proteste studentesche, particolarmente quelle universitarie, se ben ricordiamo. E infatti, i ricordi sono lontani.
I cortei intravisti in questi giorni sono (erano) abbinati a quelli organizzati sindacalmente, e lo vedevano tutti. Ma innanzitutto s’è capito che se era già difficile capire i motivi veri dei cortei dei lavoratori, ci è stato praticamente impossibile comprendere quelli degli studenti.
Intendiamoci, studenti, lo siamo stati anche noi e anche noi abbiamo fatto le nostre “buone” manifestazioni che già allora non erano affatto buone, anzi erano sopra le righe cioè sopra le autorità, qualsiasi, definite sic et simpliciter e fasciste.
Ma alle manifestazioni di adesso, di cui stiamo parlando, nessuno o quasi ha fatto caso. Come sempre c’è un perché. Che è implicito sia nella tranquillità sostanziale del sistema, sia nell’odierna situazione studentesca, a tutti i livelli che, ad ogni buon conto, è diversa e lontana i cosiddetti anni luce dalle “nostre” di allora.
Naturalmente ogni ragazzo di buon senso, purché non obnubilato da eccessi di canne, non ha bisogno di nessun classico di storia contemporanea per rendersene conto. E può sapere o, come si dice, toccare con mano, i grandi passi in avanti compiuti dalla scuola, di ogni ordine e grado e sotto ogni aspetto. Certo, al meglio è sempre difficile se non impossibile arrivare, ma, appunto, ciò che conta è la realtà di oggi.
Rebus sic stantibus, usando un latinorum non troppo oscuro nemmeno a un protestatore odierno, si può dunque concludere che, al di là del desiderio (comprensibile) di un giorno di vacanza, lo stimolo più vero di quei cortei era lo stesso dei cortei sindacali: politico, contro il Governo, in modo particolare contro la premier Giorgia Meloni, e la sua provenienza “partitica”.
Si dirà: ma era, è ovvio. Non siamo d’accordo.
Non si dovrebbe cioè liquidare in tal modo un “evento” sia pure ridotto di numero come quello degli studenti in una (ridotta) marcia che abbiamo definito politica. Ciò lo sanno molto bene gli organizzatori, molti se non tutti della gauche. Dentro i quali s’annida il cattivo pensiero di quella che in tempi lontani, e che vorremmo mai più ripetibile, si chiamava contestazione.
Allora, cominciò proprio così.
di Paolo Pillitteri