I bolscevichi del sindacato

martedì 14 novembre 2023


Domenica scorsa, ospite senza contraddittorio di In Onda, programma di approfondimento de La7 condotto da Luca Telese e Marianna Aprile, Maurizio Landini ha sciorinato tutto il suo delirante campionario politico-sindacale. Esprimendosi con una veemenza imbarazzante, attaccando il Governo Meloni con tanto di bava alla bocca, l’attuale segretario della Cgil ha ribadito, se ce ne fosse ancora bisogno, la sua linea di chiara matrice bolscevica. Linea, che in estrema sintesi, presuppone uno sviluppo economico basato su fantomatici piani di sviluppo elaborati da chi occupa la stanza dei bottoni, analogamente a ciò che accadeva nel Paradiso sovietico con i famosi e famigerati piani quinquennali. Nella sua visione, nella quale il protagonista dell’economia non è l’azienda nel suo complesso, bensì unicamente il lavoratore dipendente, il ruolo degli imprenditori, sempre tratteggiati come egoisti sociali inclini all’evasione fiscale, deve essere sempre subalterno rispetto alle indicazioni provenienti dal sindacato.

In grandi linee, Landini ha ribadito la sua antica vocazione, manifestata fin dai tempi in cui rappresentava i metalmeccanici duri e puri della Fiom, a richiedere l’impossibile, ovvero maggiori investimenti nel sistema sanitario – la cui spesa quest’anno toccherà il record di quasi 135 miliardi – aumento della già colossale spesa previdenziale, con l’introduzione di nuove finestre di uscita, e ulteriori sgravi fiscali per gli stessi salariati. Insomma, la sua ben nota ricetta in stile “botte piena con moglie ubriaca” la quale, considerando la precaria condizione della finanza pubblica, gravata da un debito sovrano gigantesco, se applicata alla lettera manderebbe in default l’Italia nel volgere di qualche settimana. Ma Landini, sempre nel corso del suo intervento fiume, ha dichiarato di avere la pallottola d’argento per tenere in ordine in conti, nel malaugurato caso si decidesse di adottare la sua onerosissima strategia economico-finanziaria: lotta senza quartiere all’evasione fiscale. Sai che novità, quindi.

A suo dire, vi sarebbero oltre cento miliardi che ogni anno sfuggono al fisco, i quali, se recuperati in tutto o in parte, potrebbero essere utilizzati per spendere e spandere come se non vi fosse un domani. Tuttavia, nell’attesa che si realizzi il sogno di Landini di un Paese senza evasori – molti dei quali occultano piccole cifre per pura sopravvivenza – egli ha in mente di aumentare la tassazione sulle cosiddette rendite finanziare. In realtà, si tratta di quell’oneroso balzello del 26 per cento, mica bruscolini, che i piccoli e grandi risparmiatori e investitori pagano sulle plusvalenze dei titoli che hanno in portafoglio. Solo che il nostro genio del sindacato non sa, o forse finge di non sapere, che spesso gli stessi risparmiatori subiscono una vera e propria truffa legalizzata a vantaggio dell’erario, dal momento che le minusvalenze realizzate, ossia le perdite, dopo 4 anni scadono e non possono più essere portate in compensazione di eventuali guadagni finanziari. D’altro canto, nell’ambito di uno dei mercati finanziari più asfittici e stagnanti dell’Occidente, solo un bolscevico a tutto tondo potrebbe pensare di far cassa inasprendo la già alta e molto iniqua tassazione, incentivando ulteriormente la fuga dei relativi investimenti dal Paese.


di Claudio Romiti