Il Piano Mattei nel futuro dell’Italia

mercoledì 8 novembre 2023


Le crisi in Ucraina e nella Striscia di Gaza rendono nebuloso l’orizzonte politico dell’Occidente. Ciononostante, il Governo Meloni guarda oltre la contingenza non tralasciando la pista delle strategie di lungo termine. In tale ottica, prende forma compiuta quella che finora è stata un’enunciazione di principio: la creazione del Piano Mattei per l’Africa.

Nella seduta del Consiglio dei ministri della scorsa settimana è stata approvata la bozza del Decreto legge che reca “Piano strategico Italia-Africa: Piano Mattei”. Il testo si compone di 7 articoli che concorrono a definire la cornice entro la quale si svilupperà l’azione organica del Governo italiano nell’implementazione dei partenariati strategico-commerciali con alcuni Stati del Continente africano. Nell’ampiezza della gamma dei contenuti che ricadranno sotto la giurisdizione del “Piano” – dalla cooperazione allo sviluppo, alla promozione delle esportazioni e degli investimenti, all’istruzione e formazione professionale, all’approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali e molto altro – gli obiettivi prioritari che il Governo italiano intende raggiungere sono sostanzialmente tre. In primo luogo, Roma punta a stabilizzare il flusso degli approvvigionamenti energetici dall’Africa, dopo la chiusura dei rapporti commerciali con la Russia per l’importazione del suo gas. In secondo luogo, la costituzione di un partenariato fruttuoso per tutte le parti contraenti spiana la strada alla soluzione del problema dell’immigrazione illegale.

Il ragionamento che sottende alla scelta di questo strumento strategico nelle relazioni internazionali è assolutamente condivisibile: se l’interazione con i partner africani recherà valore aggiunto agli interlocutori del Governo italiano, sarà più agevole concordare misure di prevenzione del fenomeno della migrazione non autorizzata dai loro Paesi. A chiudere il cerchio, vi è un terzo obiettivo che il “piano” intende cogliere quando andrà a regime. Roma, istituendo rapporti stabili con i Paesi sottoscrittori del “Patto”, diverrà naturaliter la cinghia di trasmissione delle istanze che provengono dalle terre africane e che si indirizzano alle istituzioni comunitarie europee. Istanze, tuttavia, che finora non hanno trovato adeguato ascolto. Per l’Italia sarà l’occasione di mettere in risalto la sua centralità all’interno dei rapporti intracomunitari in seno alla Ue.

Il “Piano Mattei” si candida a sorgere dalle ceneri del fallimento della politica coloniale perseguita dalla Francia dai tempi del secondo dopoguerra. Parigi non ne sarà contenta, per cui ci sarà da combattere per riacquistare quello spazio geopolitico e commerciale perso negli anni passati. D’altro canto, a questo mondo nessuno regala niente a nessuno. Figurarsi all’Italia. La struttura del “Piano” prevede la costituzione di una cabina di regia presieduta dal presidente del Consiglio, alla quale parteciperanno, insieme ai ministri, il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, il direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), i presidenti dell’Ice-Agenzia italiana per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, della Cassa depositi e prestiti spa e della Sace spa (Servizi assicurativi e commerciali per le imprese), nonché esperti provenienti dal mondo accademico dalla società civile e dal terzo settore. Al ministro degli Affari esteri è affidata la vicepresidenza della cabina di regia.

Accanto all’organismo di indirizzo strategico vi sarà una Struttura di missione con compiti operativi che sarà coordinata da un dirigente proveniente dai ranghi del corpo diplomatico. La durata del Piano è quadriennale e corrisponderà all’orizzonte di legislatura. La dotazione finanziaria per il 2024 non è granché. Sono stanziati 2.643.949,28 di euro, oltre ai 500mila euro che saranno nella disponibilità diretta del coordinatore della Struttura di missione. Nell’Italia affetta dal male inguaribile del “benaltrismo”, almeno per una volta prevale un più concreto “piuttosto che niente, meglio piuttosto”.

È inutile negarlo, il progetto è ambizioso ma di complessa realizzazione. Cionondimeno, siamo convinti che Giorgia Meloni tenterà l’impossibile pur di ricavarne risultati proficui. Venuta meno la fiducia nell’impatto “rivoluzionario” sugli italiani della riforma costituzionale per l’introduzione del premierato, Giorgia Meloni ha bisogno di un provvedimento-bandiera, di successo, che caratterizzi la sua stagione di governo e che le valga da biglietto da visita con il quale presentarsi agli elettori alla fine del mandato. Con l’economia nazionale asfissiata dalla necessità di tenere sotto controllo i conti pubblici, cos’altro il premier potrebbe inventarsi per lasciare un segno indelebile del suo passaggio alla guida della nazione?

Se per Matteo Renzi furono gli 80 euro in busta paga agli italiani e per Giuseppe Conte il Reddito di cittadinanza, per la Meloni il provvedimento nel quale riconoscersi non può che venire dal fronte della politica estera, dove sta facendo meglio che in altri settori dell’amministrazione della Res publica. Lei ci crede. Occorre però che ci credano i potenziali partner. La figura di Enrico Mattei, a cui il Piano è dedicato, evoca ricordi positivi in chi ne ha conosciuto la storia personale. Quella di Mattei era un’Italia migliore. Non sarebbe male se si avverasse il sogno dell’“underdog” Giorgia di risuscitare quell’idea di nazione, campionessa di coraggio e di buona volontà, della quale negli anni della sinistra al potere si è persa traccia.


di Cristofaro Sola