martedì 7 novembre 2023
Quando compare il nome di Leonardo da Vinci, è cosa arcinota, tutte le agenzie stampa del mondo ribattono la notizia e così sta avvenendo in queste ore; in realtà per qualcosa che già si sapeva da tempo, sin dal lontano 2017, addirittura riportato da L’Avvenire (qui il link) e qualche giorno prima da Il Foglio. Insomma, la “Sindrome di Dan Brown” non finisce mai ed eccoci così nuovamente a scoprire vasi di Pandora contenenti infinite discussioni sulla paternità dell’opera ritrovata e attualmente liberata dai vincoli e posta in vendita. Il nostro ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, subito si è detto disposto all’acquisto del disegno attribuito al Genio di Vinci, eventualmente coinvolgendo anche privati e mecenati. La “storia” del disegno è dunque risaputa, tanto che è presente persino su Wikipedia. Insomma, tutti lo vogliono, o lo vorrebbero, tranne i francesi che adesso sembrerebbero snobbarlo, ma andiamo per ordine... o almeno proviamoci.
Nell’ottobre del 2016, un medico francese avrebbe trovato casualmente, tra le carte lasciategli da suo nonno, questo “schizzo” di chiaro rimando rinascimentale. Ricordiamo all’incolto che il “corpus” dei Codici di Leonardo in nostro possesso è minimo rispetto a ciò che il Vinciano realmente vergò nella sua lunga vita. Andato smembrato e disperso, nulla di più facile che ogni tanto avvenga che qualche foglio sparso riemerga da altre carte… chissà quante volte ancora accadrà e, statene pur certi, questa non sarà certo l’ultima che grideremo al “Leonardo ritrovato”.
Tale disegno, uno schizzo eseguito palesemente con rapidità e quasi di fretta, come a voler fermare un’idea sulla carta, idea che è invece volatile di sua natura, vanamente trattenuta dall’inchiostro e dalla punta d’argento, potrebbe essere uno degli otto “San Sebastiano” che lo stesso Leonardo riporta nel suo Codex Atlanticus, oggi custodito alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. San Sebastiano al tempo non era ancora il “santo protettore” degli omosessuali, ma aveva ben altri significati simbolici, ermetici più ancora che religiosi che lo affiancano ad altri personaggi martirizzati, a cominciare da Prometeo… ma questa è un’altra storia.
Sulla datazione si discute – come spesso avviene – ma anche propendendo per la più tarda se fosse stato tracciato nei primi anni Ottanta del Quattrocento, Leonardo sarebbe ancora stato un giovane trentenne già in servizio presso Ludovico il Moro, a Milano. Un Leonardo già in piena formazione e sperimentazione, dunque, un Leonardo già “mago dell’aria e delle acque”, già creatore di paesaggi “surreali” fatti di rocce e nebbie.
Il disegno “leonardiano” venne stimato valere ben quindici milioni di euro e dichiarato tesoro nazionale dal governo francese che, esercitando il proprio diritto di prelazione, ne proibì l’esportazione, riservandosi un giusto lasso di tempo per fare una controproposta di acquisto al misterioso possessore. La presentazione del disegno si tenne presso la casa d’aste Tajan nel gennaio del 2017, ma l’opera restò ancora soggetta a una disputa legale risoltasi nel luglio del 2021 a Parigi, con la sua libera circolazione e quindi la libera vendita. Ma la domanda delle mille o più pistole, è: appartiene a Leonardo oppure no?
La questione in effetti non è così di facile soluzione, tant’è che Patrick de Bayser, lo studioso che per primo autenticò il disegno come di mano del Genio toscano, lo affermò in base al fatto che sul retro del foglio vi fosse un esempio di scrittura rovesciata, tipico di Leonardo, insieme a studi scientifici e a uno studio sulle luci e sulle ombre. Basta questo?
No, perché anche se il testo vergato sul retro fosse di Leonardo non è detto che lo sia il disegno sul verso e che questo potrebbe essere stato fatto da un allievo, oppure neanche, ma magari è sempre di Leonardo che in quel momento aveva fretta di fissare, di “coagulare” sul foglio la sua immaginazione creatrice e ha fatto questo di getto non senza errori e ripensamenti. Si ricordi che Leonardo spesso ritoccava e ripensava le proprie idee, spesso volutamente “sbagliate”, “imperfette” in prima stesura. Quindi zero a zero e palla al centro.
Il successivo esperto evocato, Carmen C. Bambach, curatrice del Metropolitan Museum of Art, affermò senza alcuna remora che il disegno fosse da attribuirsi a Leonardo, contraddetta da Matthew Landrus, accademico dell’Università di Oxford, il quale sostenne che il disegno presentasse notevoli punti in comune con il tratto leonardiano, ma fosse più impreciso, così come meno accurata sarebbe l’anatomia umana della figura. Anche in questo caso, i motivi dell’“imprecisione” anatomica sarebbero da discutere, visto che sono presenti e voluti in altri esempi dell’opera vinciana a cominciare dall’Annunciazione della Vergine. Leonardo giocava, si divertiva, modificava la realtà rielaborandola da quel “mago” rinascimentale e neoplatonico che egli era.
Se nessuna freccia trafigge il corpo del martire, molte, anzi troppe sono quelle che attualmente vengono scoccate su questa diatriba d’attribuzione. E se fosse invece di Leonardo realmente? A me piace crederlo, in base a quel capello scarmigliato, mosso dal vento che tanto affascina il pittore fiorentino, in base a quelle gambe scomposte che precedono il suo “uomo vitruviano”, mentre sullo sfondo svaniscono in nebbiosa lontananza le montagne di un mondo vuoto, al cui centro s’innalza l’albero del dolore e della conoscenza, al quale, novella imitazione di Cristo, si offre in sacrificio Sebastiano, non crocifisso ma appeso e trafitto, come una carta rovesciata dei Tarocchi.
Ci sono abbastanza simboli e interpretazioni in questo piccolo disegno da spingermi a volerlo pensare ideato da Leonardo, trasposto su un foglio magari in un momento di malinconia. E se non lo fosse? Certo varrebbe molto meno, ma ciò che conta è l’idea, il pensiero magico che sottende lo schizzo, e se anche non dovesse essere di Leonardo – del resto potrebbe non esserlo il Salvator Mundi, forse opera del suo allievo Marco d’Oggiono, forse… perché in questo campo poche sono le certezze ma molte le intuizioni veraci – l’importante sarebbe il significato mistagogico e iniziatico di questa piccola opera che, evidentemente, il ficiniano Leonardo ha voluto tenere con sé, se non sua, come se lo fosse e a noi questo basta.
di Dalmazio Frau