Un personaggio da operetta

martedì 7 novembre 2023


Alessandro Orsini, da tempo al centro di grandi polemiche per le sue posizioni filo-putiniane nella guerra russo-ucraina, con lo scoppio del conflitto tra Israele e i terroristi di Hamas l’eroe dei cospirazionisti nostrani è ripartito alla carica. Non contento dei suoi surreali interventi televisivi, di cui spesso lamenta la scarsità – bontà sua – in questi giorni ha fatto circolare un video di un minuto e mezzo su Facebook in cui esprime, anzi vomita tutto il suo malcelato disprezzo per l’Occidente. Questo genio incompreso che, oltre a insegnare alla Luiss, viene pagato anche coi quattrini del contribuente, visto che è direttore del Centro studi del terrorismo all’Università di Tor Vergata, ha espresso con estrema chiarezza il suo punto di vista nel seguente passaggio: “L’Occidente sta dimostrando a Gaza, ancora una volta, di essere quello che è sempre stato: una civiltà feroce, una civiltà sanguinaria, violentissima. E questo non è che lo dica il professor Orsini, non è che lo dica Alessandro Orsini. Lo dicono i libri di storia. La storia dell’Occidente è una storia di tanti massacri”.

Ora, mi limito a sottolineare che questo personaggio, che credo di avere incrociato molti anni fa, quando entrambi frequentavamo la facoltà di Sociologia alla Sapienza di Roma, deve aver completamente dimenticato, o forse nemmeno letto, un tema fondamentale sostenuto da Max Weber, uno dei padri della moderna sociologia; ovvero il carattere avalutativo dell’osservazione storica. Il che, tradotto in estrema sintesi, vuole semplicemente mettere in guardia circa gli errori che, a posteriori, assai spesso si commettono nel processare la storia. Inoltre, vorrei segnalare all’insigne cattedratico che l’intera vicenda umana è costellata di orrende stragi di massa, dal momento che l’uomo è certamente l’animale più feroce di tutta la fauna terrestre. Persino i massacri indubbiamente commessi dai conquistadores spagnoli in America latina, che Orsini cita di passaggio nel video, non sono avvenuti a danno di una civiltà che si rifaceva al suo paradigma giovanile dei figli dei fiori. Tant’è che alcuni anni prima che Hernán Cortés conquistasse Città del Messico, all’epoca Tenochtitlán, nel 1487 gli atzechi si vantavano di aver eseguito il sacrificio di 80.400 prigionieri durante 4 giorni in cui si celebrava la riconsacrazione di un tempio locale.

E che tra le civiltà precolombiane fosse diffusa questa barbarie è testimoniata dai continui ritrovamenti di enormi fosse comuni che, in particolare, costellano la Mesoamerica. Inoltre, il fatto che Orsini attribuisca a tutto l’Occidente, dipinto come il male assoluto, gli eventuali crimini che avrebbe commesso l’esercito israeliano – cosa tutta da dimostrare, al contrario di quelli, ahinoi, perpetrati dai terroristi di Hamas il 7 ottobre – la dice lunga sulla capacità di analisi del personaggio. Una capacità di analisi, per così dire all’ingrosso, che ritiene l’Occidente non un variegato agglomerato di nazioni, spesso con visioni e interessi divergenti, bensì un granitico monolite che marcia compatto sotto la ferrea direzione delle solite e ben note, ai citati cospirazionisti, oligarchie demoplutocratiche guidate dagli Stati Uniti. A questo punto mi permetto di consigliare all’illustre pensatore di lasciare questa oppressiva e feroce valle di lacrime, magari trasferendosi in uno di quei paradisi del mondo che egli vorrebbe salvare dalla furia occidentale. Paesi in cui i diritti civili e la possibilità di esprimere liberamente le proprie idee, contrariamente a ciò che accade da noi, rappresentano un vanto per i cittadini che vi risiedono. Buon viaggio, egregio professor Orsini.


di Claudio Romiti