lunedì 6 novembre 2023
La proposta di riforma costituzionale, varata dal Governo Meloni per assicurare una durata della legislatura a Esecutivi politici votati dai cittadini, è incentrata sull’elezione a suffragio universale diretto del presidente del Consiglio dei ministri e non del Capo dello Stato, il quale resta quello che è, salvo la cessata facoltà di nominare senatori a vita e con l’obbligo di ricevere il giuramento dal capo del Governo eletto. Ne risulta una sorta di regime simile al consolato romano, con un supremo magistrato a guida del Governo e l’altro con funzioni di garanzia, di rappresentanza dello Stato nel concerto internazionale e di capo, non formale, delle Forze armate.
Consoli significherebbe “coloro i quali decidono assieme” e, date queste competenze del Capo dello Stato, quello del Governo non può che “decidere assieme” le cose in queste materie, che sono il fulcro della sovranità nazionale. La differenza è che nella Roma antica duravano in carica un anno, mentre qui uno ne dura sette e l’altro cinque, salvo rielezioni. La cosa è naturale, data la maggior complessità del mondo d’oggi. Il senso della riforma costituzionale è nel cercare di assicurare governi politici scelti dai cittadini, con la durata di almeno una legislatura. Questo spiega perché non ricorrere subito alle urne, qualora sorga un impedito allo svolgimento delle sue funzioni da parte del presidente del Consiglio, bensì a un altro istituto vagamente ispirato al diritto pubblico romano: un interregno, nella persona di un parlamentare della maggioranza di Governo, il quale porti a termine il programma dell’Esecutivo sino alla fine del mandato.
Insomma, in definitiva, non si è scimmiottato né il presidenzialismo puro all’americana, né il semipresidenzialismo alla francese e neppure il cancellierato tedesco con la “sfiducia costruttiva”, cioè con la possibilità di sfiduciare un Governo solo votandone un altro. Si è ricorso a una costruzione originale, tutta italiana. È sempre un tentativo di rispondere a quella domanda di Theodor Mommsen del 1870: “E adesso che siete a Roma, cosa farete?”. Allora si cominciò col mettere i deputati a Montecitorio, cioè sul montarozzo formatosi con le rovine di Campo Marzio, dove si riunivano i comizi popolari. Ora si continua con i consoli.
di Riccardo Scarpa