giovedì 2 novembre 2023
Sassolini di Lehner
Gli islamici fondamentalisti hanno oggettivamente un vantaggio militare rispetto ad israeliani e occidentali. Non si tratta di tecnologia o solo di petrodollari, ma di granitica convinzione cementata da una religione infarcita di credenze tali da eliminare la paura della morte.
Ai nostri occhi i versetti del Corano appaiono come favole e superstizioni di una cultura bloccatasi secoli fa, eppure scetticismo, razionalità, buon senso, il dubito ergo sum nulla possono riguardo alla nostra ansia e ai nostri incubi rispetto alla fine. Dare tanto valore alla vita umana ci rende vulnerabili, quando di fronte c’è un nemico che disistima e disprezza la breve transizione esistenziale sulla Terra.
I palestinesi e gli ostaggi come scudi umani per noi sono puro orrore. Non per Hamas e neppure per le vittime sacrificali palestinesi, se invase dal Corano.
L’ho capito molti anni fa per un curioso evento, che mi spinse ad approfondire la conoscenza delle certezze coraniche.
Il 12 settembre 2001, il giorno successivo all’attacco alle Torri gemelle, mi imbatto in un maghrebino da me conosciuto, avendogli acquistato un tappeto ed altri oggetti caratteristici. Mi avvicino e con il volto sinceramente preoccupato gli dico: “Dopo quello che è successo, magari qualche sconsiderato potrebbe prendersela col primo musulmano che incontra, quindi anche con te che giri da anni nei mercatini e sei ben conosciuto... Guardati le spalle...”. Lui mi sbircia sorpreso e mi dà una lezione di vita: “Tranquillo, solo voi infedeli morite, noi non moriamo”. Testuale: “Noi non moriamo”.
Chiedo spiegazioni di quell’incredibile affermazione. E il maghrebino con poche parole mi svela l’arcano: “Noi, se bravi maomettani, non moriamo, ma avremo ancora vita... più bella ed... eterna. I fratelli che si sono schiantati su New York non sono morti... sono direttamente volati lassù... beati loro... a mangiare, bere, godere di sesso...”.
In effetti, per un credente islamico che si fa esplodere in un supermercato occidentale, “morire” è un verbo inadeguato. Il Corano gli garantisce, infatti, la più piacevole delle immortalità, a cominciare dalle prelibatezze culinarie in straordinaria quantità: ogni piatto conterrà 70mila cibi diversi, per giunta non passati dalle mani di chef umani, perché è Allah in persona a prepararli con un comando perentorio rivolto agli ingredienti: “Trasformatevi!”.
Di contro, ad altri paradisi contemplativi promessi dal monoteismo, in quello islamico il corpo regna sovrano: cibi, bevande, comodi cuscini, abitazioni sfarzose e soprattutto sesso, tanto sesso, con il maschio protagonista instancabile, essendo divinamente dotato di eterna erezione. Grazie al celeste Viagra, ogni maschio è in grado di sollazzarsi virilmente ogni giorno con 72 vergini, le quali, dopo il sudato e profondo coito, si ritroveranno intatta l’imene ed i seni più sodi di prima. Anche il martire meno importante ha a disposizione 80mila servi e, in aggiunta alle vergini dagli occhi neri, le mogli, ognuna delle quali contornata da ancelle. Beato, dunque, chi muore senza morire per la causa. Sta scritto, infatti: “Allah ha creato l’aldilà come luogo di ricompensa per i servitori fedeli, perché questo mondo non è abbastanza grande per ciò che Egli vuol donare loro e perché li considera troppo per ripagarli in un luogo non eterno”.
Se non fossi stato condizionato, desacralizzato e cacciato via dai secoli bui da Cartesio, Voltaire, Mill, Croce, von Hayek, Popper, una simile promessa di paradiso potrebbe farmi esplodere in nome di Allah, elevandomi così in un habitat superiore alla infima, più dolori che gioie, non duratura Terra.
Usare il proprio corpo come micidiale arma di distruzione e di strage rimane, perciò, prerogativa esclusiva di chi crede ciecamente nel Profeta.
di Giancarlo Lehner