giovedì 2 novembre 2023
Con l’arrivo in Parlamento della Legge di Bilancio riprende forza il classico teatrino di chi si trova all’opposizione. In particolare, la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, ha accusato il Governo di non avere una visione strategica, criticando l’assenza di misure per dare nuovo slancio all’economia e agli investimenti. Ha inoltre sottolineato la carenza di risorse, soprattutto in ambito sanitario e in quello scolastico che, secondo lei, rischia di rendere vani gli sforzi per migliorare la qualità dei servizi. Idem con patate per Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 stelle, il quale ha definito “insignificante e dannosa” la manovra la quale, a suo dire, non prevede interventi per il carovita, oltre a non spendere altri quattrini – ovviamente a debito – per i prepensionamenti e per elevare a mille euro i vitalizi al minimo.
Persino il moderato Carlo Calenda, definendo “populista e pericolosa” la Legge di Bilancio 2024, ha espresso la classica visione della “botte piena e della moglie ubriaca”, definendo sbagliati i tagli provvisori di tasse fatti in deficit, “che indebitano ulteriormente i cittadini”, criticando nel contempo l’Esecutivo per la mancanza di interventi, ovviamente di spesa, su scuola e sanità. In sostanza, si ripete all’infinito una dinamica molto italiana tra maggioranza e opposizione che, sin dall’avvento della cosiddetta Seconda Repubblica, ha instaurato quel granitico meccanismo che abbiamo spesso definito “alternanza obbligatoria”. Una alternanza che finora non è mai andata oltre lo spazio massimo di una sola legislatura e che, unita a tutta una serie di problematiche incrostate da decenni, ha sempre impedito di realizzare quelle sempre più necessarie riforme di sistema le quali, come è ovvio che sia, contengono una buona dose di impopolarità. In realtà, come ha ben compreso Giorgia Meloni già prima di ricevere l’incarico dal Capo dello Stato, la coperta finanziaria è dannatamente corta, come si suol dire, rendendo lo spazio di manovra di qualunque Governo estremamente risicato.
Tuttavia, ed è questo il punto nodale della faccenda, sembra che dai banchi dell’opposizione sia diventato un gioco da ragazzi promettere l’edificazione del classico Paese di Bengodi, con meno tasse e più spesa pubblica per tutti. Tanto è vero che esasperando oltre ogni misura questa linea – demenziale per chi segue da una vita la condizione della finanza pubblica – gli scappati di casa dei Cinque stelle riuscirono a raccogliere un consenso bulgaro nelle politiche del 2018. Quindi, occorrerebbe chiedersi per quale strano destino in Italia buona parte del corpo elettorale, anziché basarsi su ciò che gli psicoanalisti definiscono “principio di realtà”, a ogni giro di giostra è assolutamente propenso a seguire il “nuovo” di turno, prendendo per oro colato le sue strabilianti promesse, regolarmente disattese poi dai fatti. D’altro canto, se non si interrompe un tale andazzo, il quale in sostanza costringe chi occupa transitoriamente la stanza dai bottoni a mettere in piedi manovre finanziarie di corto respiro, a base dei classici pannicelli caldi, il nostro evidente declino economico e sociale diventerà irreversibile.
di Claudio Romiti