venerdì 27 ottobre 2023
Nell’imminenza dell’attacco di terra dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, i sostenitori più radicali dei palestinesi, quelli che per intenderci ritengono Hamas una formazione che lotta per la nascita di uno Stato palestinese, continuano a perseverare nella loro visione assolutamente ristretta della drammatica vicenda. Se c’è infatti una cosa che ha allontanato anni luce questo antica aspirazione nazionale è proprio l’orrenda strage compiuta da codesti presunti partigiani della “libertà”. Lo capirebbe persino un bambino che le vere motivazioni, i veri obiettivi del ferocissimo attacco allo Stato ebraico erano e tuttora appaiono lontanissimi rispetto alla storica causa palestinese. Una causa che è diventata da tempo una logora foglia di fico per le componenti guerrafondaie del mondo islamico. Ma qui è necessario approfondire un punto, a mio avviso, piuttosto dirimente sul piano del rapporto che intercorre tra politica e religioni fondamentaliste.
In estrema sintesi, sebbene l’affermazione e il predominio dello stesso fondamentalismo religioso sulla politica necessiti di una base sociale e culturale molto ampia, esso rappresenta comunque uno strumento di potere che tende ad usare la medesima religione come un paravento dietro il quale, assai spesso, si nascondono spietate lotte tra gli uomini e le fazioni che si contendono il primato. In sostanza, ammesso e concesso che ai vertici del potere si manifestino posizioni più moderate e dialoganti nei confronti del mondo esterno, il pregiudizio religioso, analogo a quello ideologico che caratterizzava, ad esempio, l’impero sovietico, tratteggia una potente arma di dissuasione e di controllo da parte degli oltranzisti al comando. E se nel caso questi ultimi dovessero ammorbidire le loro posizioni, vi sarebbero sempre pronte alcune delle loro seconde schiere a denunciarne l’errore, cercando di prenderne, anche in modo cruento, il posto.
Queste dinamiche, ad esempio, sono presenti anche in Iran, un Paese che prima della rivoluzione del 1979 sembrava avviato verso una veloce laicizzazione della società. Tanto è vero che di quando in quando si nota qualche tentativo, tutto interno al regime, di allentare la rigidissima presa religiosa che coinvolge ogni aspetto della società iraniana. Lo stesso meccanismo, tornando alla guerra in atto in Medio Oriente, si è immediatamente manifestato anche all’interno dei Paesi arabi più dialoganti, i quali, temendo che il grosso della popolazione gli si rivoltasse contro, determinando conseguenze serie nei loro equilibri domestici di potere, hanno repentinamente preso posizione contro Israele. Pertanto, è abbastanza evidente che la causa palestinese si inserisce in queste dinamiche interne ai Paesi islamici, le quali con gli interessi reali del suo tormentato popolo hanno ben poco a che vedere. Si spera, a questo proposito, che almeno una parte dei nostri pseudo intellettuali, che sotto sotto vorrebbero cantare “Bella ciao” con Hamas, prima o poi capiscano l’antifona.
di Claudio Romiti