lunedì 23 ottobre 2023
La riduzione del danno dovrebbe essere uno degli obiettivi qualificanti della politica sanitaria: per questo le proposte di regolamentazione vanno valutate non solo in astratto, ma con specifico riferimento alle alternative che sono concretamente disponibili. Nel campo della salute, uno dei temi di maggiore attualità è legato alla disciplina (anche fiscale) dei prodotti alternativi al fumo tradizionale, come le sigarette elettroniche, i prodotti a base di tabacco riscaldato e le bustine di tabacco per uso orale (nei Paesi che ne consentono l’utilizzo). Questi prodotti hanno impatti sanitari molto inferiori a quelli tradizionali. Di conseguenza, essi dovrebbero essere visti come una opportunità per limitare i danni del fumo. Questa tesi trova oggi conferme autorevoli in una serie di esperienze che si sono imposte in questi anni come best practice. Il caso forse più interessante è quello della Svezia, il primo Paese in grado di qualificarsi come “smoke-free society” (traguardo convenzionalmente fatto coincidere con una porzione di fumatori inferiore al 5 per cento, soglia che probabilmente verrà superata quest’anno). La Svezia ha potuto ottenere questo obiettivo non vietando il fumo, ma dotandosi di un quadro normativo e fiscale che penalizza i diversi prodotti in funzione del danno, e dunque favorisce il passaggio dalla sigarette tradizionale a prodotti innovativi (si veda il sito smokefreesweden.org).
Un secondo caso di interesse è quello inglese, dove si stima che tra i 50 e i 70mila fumatori abbandonino il tabacco per la sigaretta elettronica ogni anno. E un terzo precedente è quello del Giappone, dove il fumo è ancora un’abitudine molto radicata ma che ha visto calare il numero di fumatori negli ultimi anni con una rapidità senza precedenti, grazie all’introduzione di prodotti alternativi (come ben documentato in un paper della Tholos Foundation: Safer Nicotine Works). Questi temi saranno discussi il mese prossimo alla Cop10 di Panama, il meeting periodico organizzato dalla Convenzione quadro dell’Oms sul controllo del tabacco. In quella sede, una delle questioni fondamentali sarà la ridefinizione del concetto di fumo: esso va inteso in senso proprio, con riferimento al solo fumo di tabacco, oppure dovrebbe essere esteso per includere altre pratiche esteticamente simili ma molto meno dannose, come quelle citate sopra?
In una lettera inviata alle principali autorità svedesi e inglesi, e firmata anche da Cécile Philippe dell’Institute économique Molinari (Francia), da Christopher Snowdon dell’Institute of Economic Affairs (Regno Unito), da Constantinos Saravakos di Kefim (Grecia) e da Radovan Durana di Iness (Slovacchia), abbiamo sollevato questo punto. In particolare, è essenziale che l’Unione europea prenda una posizione ragionevole, evitando di appoggiare una linea massimalista che finirebbe per compromettere le politiche proprio di quei Paesi che hanno avuto il maggior successo. Anche il Governo italiano dovrebbe prendere una posizione e riconoscere che la riduzione del danno è un obiettivo ragionevole e utile sia alla società, sia agli individui che intendono esercitare il proprio “diritto al vizio” senza subire conseguenze drammatiche come quelle legate all’abuso del fumo da tabacco.
(*) Direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni
di Carlo Stagnaro (*)