sabato 7 ottobre 2023
Ciò che sto per dire non sarà molto popolare ma, soprattutto dopo aver subito un parossistico e prolungato stato d’allarme durante la pandemia, ritengo che vi sia la necessità di osservare gli eventi, anche i più tragici, senza farsi travolgere dall’emotività del momento. In merito al drammatico incidente avvenuto a Mestre, con la morte di 21 persone, le cui cause sono ancora tutte da accertare, sono rimasto piuttosto colpito dall’immediata attivazione, in tutto il Veneto, del Protocollo delle grandi emergenze. Secondo quanto riportato da Repubblica, “l’Azienda sanitaria, in contatto con la Centrale operativa del Suem 118, ha fatto scattare il Peimaf – Piano emergenza interno massiccio afflusso di feriti – sono quindi richiamati in servizio i medici e il personale dell’emergenza-urgenza, sono messi a disposizione tutti i mezzi dai diversi presidi ospedalieri”.
Ora, per meglio chiarire il mio punto di vista, tutto questo per assistere i sopravvissuti al terribile incidente, ovvero 15 persone, di cui una decina in gravi condizioni. Ebbene, l’attrezzato ospedale di Mestre, con l’eventuale supporto degli altri nosocomi della zona, non è in grado di far fronte a questi relativamente piccoli numeri, tanto da far scattare un tipico protocollo da zona terremotata? Ovviamente la grande informazione, così come avvenuto nei riguardi della pandemia da Covid, ha riportato acriticamente la notizia, senza quanto meno sollevare qualche piccolo dubbio circa l’evidente sproporzione tra l’assistenza richiesta e il potenziale dispiegamento di risorse attivato. In realtà, vi è il sospetto che oramai il sensazionalismo di chiara matrice mediatica abbia contaminato molti, troppi ambiti del sistema politico-istituzionale, creando i presupposti per una sorta di riflesso emergenziale che spesso, come dimostra la tragedia del bus precipitato nel cavalcavia, serve più che altro a gestire il consenso e a tacitare sul nascere eventuali polemiche da parte dei partiti e dei media di opposizione.
di Claudio Romiti