Giustizia: se ne parla ancora

mercoledì 4 ottobre 2023


Giustizia, toh, chi si rivede. Non se ne sentiva la mancanza, diciamocelo, almeno inter nos. Ma che sia proprio la nostra premier (e subito dopo la sinistra, ovvero il Partito Democratico) a mettere, come si diceva, il dito nella piaga, non è cosa da poco. Anzi! E Matteo Renzi, il cosiddetto “ubriaco di maggioritarismo” che dice, a proposito?

Il fatto è che una corrente (di sinistra, ça va sans dire) della magistratura abbia messo nel mirino, come il mirato stesso ha sottolineato, l’ex presidente del Consiglio non è cosa eccezionale. Anche se, la risposta renziana non si è fatta attendere. Ma partendo, come dire, da lontano, senza personalismi di punta ma citando un congresso di Area democratica nel quale Renzi sarebbe stato definito “ubriaco di maggioritarismo” nel mentre che Claudio Velardi, vecchio compagno dell’allora segretario Pd, si domandava come la magistratura possa declinarsi come cinghia di trasmissione di una corrente dei dem.

Non stentiamo (proprio noi) a concordare sul fatto, ed è un fatto non una opinione, che certa magistratura italiana abbia fatto e faccia politica. Non da ora: vorremmo poi aggiungere alla constatazione renziana che, non se ne adonti l’autore, essa ha fatto politica da tanto tempo. Da anni e, aggiungeremmo, col Partito Comunista italiano prima e col Pd poi, fino a provocare la caduta della Prima Repubblica.

Ricordate, vero? Ricorderete anche gli applausi entusiasti dei postcomunisti che erano certi, sulle ceneri craxiane, di ergere finalmente il nuovo tempo della Repubblica degli onesti. Pensate alla faccia di bronzo di un partito finanziato per decenni con i miliardi da una potenza straniera come l’Urss. E pensate, già che ci siamo, a una vera e propria angoscia che deve aver preso quel Pd, quando le urne diedero una risposta contraria con l’elezione, anzi l’avvento politico, di Silvio Berlusconi.

Vorremmo tuttavia aggiungere che Matteo Renzi a quei tempi, benché giovane, non ci risulta che abbia mostrato qualche atteggiamento contrario alla marcia “politica” con scarpe chiodate sopra il nemico per antonomasia, il reietto Bettino Craxi. Comunque, diamo il benvenuto all’ex presidente nella schiera dei garantisti che questo quotidiano ha difeso perinde ac cadaver, fin dalla sua nascita.

Tornando perciò a Renzi e al suo stupore nel vedere un congresso di magistrati di una ben precisa corrente “che fa politica”, va pur detto che in tutti questi anni la vera riforma da fare, in un sistema passato da una Repubblica all’altra, non si è vista. E va pur detto che la sinistra ha delle grandi responsabilità, qualcuno specifica colpe, per questa assenza, peraltro non solitaria perché anche la destra o centrodestra che dir si voglia non ha prodotto qualcosa che somigli a una vera e propria riforma della giustizia. Ed è inutile in questa sede denunciarne le ragioni. Perché a ogni buon conto è storicamente e politicamente accertato che quel campo è pericolosamente minato, anche pensando alla difficoltà che il ministro Carlo Nordio incontra nel far fare passi decisivi alla sua riforma, che conterrebbe la mitica e da sempre osteggiatissima separazione delle carriere.

L’amara verità, ma questo lo diciamo noi, è che i politici minacciano fuoco e fiamme riformatrici “contro” i giudici soltanto quando qualcuno ha il sentore di un avviso di garanzia. Un avviso che, per non pochi, significa la fine della carriera, molto prima di un processo che probabilmente, l’avrebbe prosciolto. E diciamo anche questo: è la paura di un pm qualsiasi che frena, se non blocca, ogni volontà dei partiti. Le prove di questi stop non stanno soltanto in un passato vicino o lontano, ma negli intoppi che il Governo Meloni sta incontrando.


di Paolo Pillitteri