Salvini vuole il ponte sullo Stretto

venerdì 29 settembre 2023


Che abbia ragione Matteo Salvini a difendere la sua proposta di un ponte sullo Stretto di Messina, è fuori dubbio, almeno per noi. Non è una questione elettorale, nel senso di una sua utilizzazione. Nel voto, più o meno vicino. E non è neppure una questione, come si diceva una volta, di lana caprina.

Il ponte sullo Stretto è una necessità economica oltre che sociale ed è persino ovvio che si porti con sé una forte valenza nel voto soprattutto perché rende fattibile, sia pure nel tempo, una ipotesi che da molti anni sembrava più una boutade per catturare consensi piuttosto che una scelta politico-economica.

In questo senso, l’ipotesi salviniana può, anzi dovrebbe, essere letta al di là e al di sopra di egoismi partitici anche e soprattutto perché rende raggiungibile “immediato tempore” un’isola la cui distanza dalle madre patria non è soltanto scritta sulle onde del Mare nostrum ma su una vera e propria autonomia, nel senso letterale della parola.

Se è dunque vera questa sommaria analisi, così va spiegata anche una sorta di distacco che nei secoli ha contraddistinto la Sicilia con, anche e soprattutto, la conseguenza di un massiccio esodo dalla stessa se è vero come è vero che la città di Milano insieme a quella di New York (e a tante altre, intendiamoci) ha migliaia di cittadini di provenienza familiare sicula.

Non è poco, anzi è tanto anche rispetto a dominazioni normanne e arabe che la Trinacria ha avuto nei tempi ma che non hanno mai intaccato un senso diffuso di appartenenza benché temperato da orgogli isolani.

Anche chi vi scrive ha avuto un padre siciliano che traferitosi al nord, anzi, come diceva spesso “all’estremo”, sposato una valtellinese anche se, in taluni ni momenti di relax, ricordava di essere stato spesso chiamato “terrone” dai sondriesi.

È una piccola storia, intendiamoci, eppure significativa di una situazione che potremmo chiamare geografica ma per certi aspetti anche sociale (oltre che economica) e che tradusse dapprima quella separatezza con esilio altrove ed ora, da parecchi anni, comporta la conquista di un generale benessere che gli anni della democrazia avevano chiamato, questa linea, meridionalismo, e ne hanno molto migliorato la condizione.

Non so se i siciliani siano contenti della frase di Salvini e non è escluso che fiammate di autonomia si levino, ma è probabile che siano di brevissima durata.

Autonomi sì ma italiani.


di Paolo Pillitteri