Anche negli Usa una giustizia politica

giovedì 28 settembre 2023


Non vi sono dubbi che l’Italia è stata la culla della giustizia politica, ovvero di non poche toghe, specialmente inquisitorie, che hanno avuto un ruolo decisivo nel suo svolgimento corretto, cioè naturale, della politica e dei suoi ritmi e ruoli.

Non a caso ci si ricorda vagamente di un certo Antonio Di Pietro (a proposito, che fine ha fatto?) le cui inchieste imperversarono negli anni Novanta col risultato di avere archiviato i partiti, tutti, all’infuori del Pci-Pds. Adesso anche negli Stati Uniti sembra stia sopraggiungendo l’onda di una giustizia contro Donald Trump e figli, al punto che l’avversario di Joe Biden, peraltro in vantaggio, ha accusato procuratrice e giudice di aver ignorato una sentenza di tre mesi fa a lui favorevole; “è una grande compagnia la mia – ha soggiunto Trump – che è stata diffamata e calunniata da questa caccia alle streghe politicamente motivata”, lamentando la mancanza di una giuria e rivendicando la correttezza del suo operato, Trump è accusato insieme ai figli di frode e dovrà quindi pagare in questo processo senza giuria una somma ingente.

Tra l’altro allo stesso Trump, che è di destra, come sappiamo, sono state revocate anche alcune licenze commerciali il che dimostra che l’azione dei giudici va a colpire le possibilità di prestiti con l’accusa di avere gonfiato eccessivamente i beni della sua azienda.

Così come si procede a scarpe ferrate contro Trump e le sue aziende, dando un indubbio vantaggio, per ora nei sondaggi, a Biden, è molto probabile che questa azione giudiziaria avrà effetti negativi sulla campagna elettorale e suoi risultati.

Come avviene in simili casi (e qui da noi, lo ripetiamo, ne siamo ultraconvinti guardando un po’ indietro agli attacchi a Silvio Berlusconi), anche il più potente e prepotente dei businnessmen statunitensi ha in mano poche carte da giocare e si vedrà lo sviluppo e i risultati delle inchieste, fermo restando che già qualche danno gli è stato arrecato, soprattutto all’immagine. L’immagine che in America, ma non solo, è a suo modo un simbolo, oltre che un ritratto.

La verità è che il curriculum non ha molto a che fare con un candidato, e neppure i suoi gesti di forza interiore hanno molto peso nel giudizio delle urne. Ciò che conta è l’immagine. E i giudici, in America e all over the world, lo sanno benissimo.


di Paolo Pillitteri