Pontida-Lampedusa: Matteo versus Giorgia

martedì 19 settembre 2023


La scorsa domenica ci ha detto molto su ciò che accadrà sulla scena politica italiana e continentale da ora fino alle porte dell’estate 2024.

È cominciata la campagna elettorale per le Europee. E visto che si vota con il sistema proporzionale, ieri l’altro è suonata la prima campanella del “rompete le righe”. A destra come a sinistra, non c’è coalizione che tenga. Ognuno per sé, Dio per tutti. Nessuna meraviglia allora se la partita a distanza giocata ieri l’altro tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni sia avvenuta sulla scia dell’unico punto all’ordine del giorno dell’agenda politica di qualsiasi partito: vincere nelle urne. E nessuna meraviglia se, alla prima uscita pubblica mirata a riaccendere i motori della propria macchina organizzativa, un leader (Matteo Salvini) si sia preoccupato di assicurarsi la partecipazione all’evento di una guest star della politica continentale (Marine Le Pen) per sprovincializzare il tradizionale – e prepolitico – raduno di partito a Pontida.

Neppure alcuna meraviglia che a destra, Giorgia Meloni, preoccupata dell’eccessiva visibilità mediatica che il competitor leghista si sarebbe procurato mostrandosi al fianco della più nota Marine Le Pen, abbia astutamente risposto col parziale oscuramento della manifestazione di Pontida organizzando una visita a sorpresa a Lampedusa. Semmai, l’unico aspetto che può generare qualche dubbio sul comportamento della Meloni è nella scelta della sua “ospite d’eccezione” per dare prestigio e peso alla sortita lampedusana. Un navigato politico, fuoriuscito dai ranghi della magistratura, qual è stato Antonio Di Pietro, avrebbe chiosato: Ursula von der Leyen? E che c’azzecca? Giusta domanda, anche per l’opinione pubblica. Che ci faceva domenica la teutonica baronessa Ursula a osservare, alla stregua di una compassata spettatrice di un incontro di tennis a Wimbledon, la rabbia e l’esasperazione della gente del luogo che nell’estremo lembo meridionale d’Italia s’intrecciano fino a fondersi al sole “africano” delle Pelagie? Di regola, in un momento di straordinaria gravità che il nostro Paese sta attraversando sul fronte dell’immigrazione irregolare, occorrerebbero soluzioni immediate e concrete da parte dell’establishment di Bruxelles, invece che passerelle.

Tuttavia, c’è chi sostiene che servano anche quelle quando c’è da mettere in campo gesti simbolici. Vero, ma dietro ai simboli, perché ne venga riconosciuto il valore, devono esserci i fatti. Se questi non arrivano, se chi ha il potere d’intervenire per sanare un vulnus non lo fa, le “passerelle” diventano boomerang. Giorgia Meloni ne è consapevole. Ciononostante, ha voluto ugualmente rischiare trascinando nel cuore del Mediterraneo meridionale la presidente della Commissione europea. Perché un tale azzardo? E poi, perché lei? Se ci si ferma alla dinamica istituzionale, la risposta c’è: il capo del Governo italiano invita il capo della Commissione europea a prendere visione dello stato dei luoghi e delle persone nell’area critica di Lampedusa. Non fa una piega. Ma è possibile che dietro la scelta di coinvolgere la von der Leyen sia stata fatta una valutazione sugli andamenti del borsino elettorale tra i soci del centrodestra. Per quanto se ne pensi, la personalità trascinatrice di Marine Le Pen mette paura. In Francia, i sondaggi dicono che il suo è il primo partito e il suo successo alle Europee è scontato. Salvini, invece, sta percorrendo la strada totalmente in salita del recupero del consenso. Gli errori tattici compiuti da leader della coalizione di centrodestra nella scorsa legislatura e l’abbandono di tutte o quasi le parole d’ordine sovraniste, identitarie e antiglobaliste, sulle quali ha costruito la sua fortuna elettorale tra il 2014 e il 2019, non costituiscono il miglior viatico per un concreto recupero di credibilità presso l’opinione pubblica. Ecco allora che il soccorso “blu” della Le Pen, che punta dritto sul tema sensibile del contrasto all’immigrazione irregolare, si rivela provvidenziale. Dal palco di Pontida Marine scandisce il suo apprezzamento per Matteo: “Noi difendiamo i nostri porti, come così brillantemente ha fatto Matteo con così tanto coraggio e combattività quando aveva il potere di farlo. Allora l’Europa intera guardava all’Italia con ammirazione e noi come alleati eravamo orgogliosi di Salvini e della Lega. Aspettiamo che quel momento ritorni. A buon intenditor, poche parole.

Devono essere fischiate parecchio le orecchie alla casta dei “mandarini” leghisti che, in questi anni, hanno tramato per segare il ramo sovranista sul quale il “Capitano” si era erto per guidare la destra italiana. La Le Pen lo ha chiaramente fatto intendere: in Europa l’unico Salvini che potrà trovare spazio e agibilità politica è quello degli esordi alla guida della Lega, non certo lo scolaro svogliato che, nell’autunno del 2020, i “mandarini” avevano mandato a lezione di liberalismo dal venerabile maestro Marcello Pera.

Se la politica – come ha confessato Salvini a Libero – non è solo numeri, progetti, decreti, codici ma è cuore, emozione, passione, partecipazione, Marine a Pontida ha fatto centro. Naturalmente, la mano tesa offerta all’amico italiano non è gratuita. Anche lei ne trae un profitto da reinvestire nella campagna elettorale domestica. Mostrare di avere, fuori dei confini di Francia, un alleato forte e agguerrito con il quale fare squadra le serve per rassicurare quella parte del voto d’opinione moderato che si spingerebbe a darle la preferenza nelle urne se non fosse preoccupato dall’isolamento politico nel quale il Rassemblement National viene tenuto sia dai partiti della sinistra – cosa comprensibilissima – sia dalla destra riformista e conservatrice, cosa assai meno comprensibile. Se l’asse ricostituito tra Salvini e Le Pen è di facile decodificazione, più complicato invece resta da decifrare il messaggio che la Meloni ha voluto inviare da Lampedusa con la presenza della von der Leyen al suo fianco. Esiste un Entente cordiale, a livello europeo, tra Popolari e Conservatori per riportare la signora Ursula alla presidenza della Commissione nella prossima euro-legislatura? Gioco pericoloso se ciò dovesse significare un’inedita alleanza della leader di Fratelli d’Italia con i socialisti europei e con i liberali di Emmanuel Macron che – dettaglio non secondario – in Europa, come nelle loro ramificazioni italiane, più che liberali sono “liberal”, cioè le loro istanze politiche sono ad alto contenuto di progressismo. Può la Meloni consentirsi un’acrobazia tanto spericolata, senza rischiare il riflusso emorragico dei voti in direzione del diretto competitore leghista? È purtuttavia concreto il bisogno di Giorgia, nella qualità di capo dei conservatori europei, di portare il suo gruppo all’interno della cabina di comando comunitaria, nella consapevolezza della sostanziale inutilità di un pur clamoroso successo nei numeri elettorali se questo dovesse rimanere relegato alla funzione testimoniale di una famiglia politica di respiro continentale. Se l’obiettivo dell’intervento della von der Leyen era di fare da controcanto al discorso appassionato di Marine Le Pen, missione fallita. La signora Ursula si è limitata a dire da Lampedusa le stesse cose che dice da Bruxelles. Ha ricordato gli ormai stranoti 10 punti del suo improbabile piano per contrastare l’immigrazione illegale, snocciolandoli uno ad uno alla platea dei giornalisti presenti alla conferenza stampa, come un’inappuntabile educanda che recita a memoria la poesia nel giorno di Natale. Anche il più distratto degli ascoltatori non avrebbe potuto fare a meno di notare la ripetitività delle parole e degli accenti di un discorso confezionato senza l’aggiunta di fattori emozionali e si sarebbe domandato: ma quand’è che passa dalle parole ai fatti?

L’unica affermazione che ha scosso il pennino dell’elettroencefalogramma del discorso della signora Ursula è stata quella con cui ha ribadito che in Europa non entra chiunque, e tanto meno entrano gli scafisti, i criminali e gli immigrati irregolari. Un jab micidiale, scagliato in pieno volto a quei tanti sinistrorsi e progressisti che continuano a sfinirci i timpani con la giaculatoria dell’accoglienza illimitata, dell’abbattimento delle frontiere e della distribuzione obbligatoria in tutti i Paesi dell’Unione della massa degli sbarcati in Italia. Una cosa del genere non accadrà mai, parola di Ursula. Rebus sic stantibus, reiteriamo la domanda: che ci fa Giorgia a braccetto con Ursula? Se fossimo tra quelli che popolano il cerchio magico di Fratelli d’Italia, la domanda ce la porremmo. E neanche troppo in là nel tempo.


di Cristofaro Sola