lunedì 18 settembre 2023
Come ampiamente riportato dall’informazione nazionale, in una recente puntata di Otto e mezzo, in onda su La7, Elly Schlein è stata letteralmente messa al tappeto da due giornalisti dichiaratamente di sinistra: la conduttrice Dietlinde Gruber, detta Lilli, e il direttore de La Stampa, Massimo Giannini.
In estrema sintesi, in mezzo ad un fuoco di fila di domande sui temi più caldi del momento, come quelli dell’immigrazione e della guerra in Ucraina, la giovane segretaria dem si è malamente barcamenata, sciorinando tutta una serie di frasi fatte e di contorte supercazzole che non avrebbero convinto neppure il più ostinato dei suoi sostenitori. Sta di fatto che persino un osservatore del calibro di Paolo Mieli, suo grande estimatore, ha riconosciuto che “nel salotto della Gruber la Schlein non ha fatto una gran figura”.
D’altro canto, da tempo un grande elettore come Romano Prodi, compreso il suo nutrito giro di intellettuali, ha smesso di esaltare le sorti certe e progressive del “nuovo” corso imposto al Partito democratico dalla Schlein.
Tutto ciò, se ce ne fosse ancora bisogno, costituisce l’ennesima dimostrazione di ciò che alcuni analisti liberali, tra cui il sottoscritto, avevano sottolineato fin dall’inizio della sua imprevista vittoria nelle primarie del Pd.
In primis, che la Schlein, dopo un lunga successione di sconfitte elettorali, le quali segnalavano una crescente distanza tra gli eredi del Pci e la sua base elettorale, rappresentasse una figura transitoria in grado di ripulire politicamente il Pd dalle tante scorie accumulate nel lungo periodo in cui è stato alla guida del Paese.
In secondo luogo, che la sua radice culturale, molto vicina alle istanze più estreme della sinistra – e in questo momento anche a quelle degli scappati di casa del Movimento 5 Stelle – con tutto il loro ingombrante carico di insopportabile demagogia, rappresentasse un ostacolo quasi insuperabile per candidarsi a governare il Paese.
Ebbene, tutto questo sta rappresentando un carico sempre più pesante per la ragazza con cittadinanza multipla (statunitense, svizzera e italiana), la quale comincia a rendersi conto del grande contrasto che esiste tra una collocazione politica di nicchia, esprimendo istanze rigorosamente di minoranza, e una impostazione che ambisca ad assumere un ruolo di governo, contendendolo in questo momento storico alla destra di Giorgia Meloni.
Tutto questo, sul piano squisitamente elettorale, si traduce nella consapevole impossibilità di conciliare il consenso derivante dalle frange sociali più estreme con quello legato alla base mediana dei votanti, tendenzialmente moderata, che generalmente risulta decisiva per raggiungere la stanza dei bottoni.
Da qui la cifra che sta chiaramente caratterizzando l’impronta comunicativa della stessa Schlein. Una impronta comunicativa con sempre meno idee ma decisamente molto, ma molto confuse.
di Claudio Romiti