Marine Le Pen a Pontida: souvenir d’Italie

mercoledì 13 settembre 2023


La notizia è l’annunciata presenza di Marine Le Pen al tradizionale raduno della Lega a Pontida, organizzato per il prossimo fine settimana.

L’iniziativa di Matteo Salvini di riesumare l’antica amicizia con la leader della destra francese non è piaciuta, tanto a sinistra quanto a destra. Riguardo alla sinistra lo scandalizzato stupore manifestato è solo di maniera perché, sotto la superficie della propaganda demagogica, per la signora Elly Schlein e per i capataz delle altre anime del progressismo la presenza in Italia della Le Pen è un terno al lotto. Per tornare a infiammare gli animi intorpiditi degli stanchi militanti del Partito Democratico e dintorni cosa c’è di più efficace che ripescare l’inossidabile armamentario retorico sull’eterno ritorno dell’“Internazionale nera”, sul fascismo che sopravvive a sé stesso, sulla destra razzista, autoritaria e filo-putiniana che fa squadra anche in Europa?

L’argomentazione anti-salviniana è talmente squalificante che non merita alcuna attenzione oltre un laconico: sono sempre i soliti. Invece, le reazioni degli alleati della Lega nel centrodestra alla notizia della presenza a Pontida dell’“amica francese” di Salvini meritano un commento. Cominciamo col dire che la prima ricaduta connessa alla presenza della Le Pen è tutta interna alla Lega. La rivendicazione di un primato sovranista rispetto all’opera sistematica di demolizione delle identità statuali che il gruppo di comando dell’Unione europea sta da anni conducendo con successo ha rappresentato il punto d’incontro con la leader della destra transalpina che, a casa sua, combatte un’analoga battaglia. Dopo la svolta del 2019 sembrava che la corrispondenza di amorosi sensi tra la Lega e i partiti affini sparsi per l’Europa dovesse finire in freezer. E così è stato. In più di una circostanza è corsa voce che il Gruppo al Parlamento europeo Identità e Democrazia, i cui i maggiori azionisti per numero di europarlamentari sono Salvini e la Le Pen, avesse le ore contate e che la Lega si stesse preparando, grazie al patronage di Forza Italia, a un canossiano approdo al popolarismo europeo. La presenza di Marine Le Pen a Pontida spazza via le ambiguità del passato e ci avverte che Matteo Salvini mantiene il timone del partito e si prepara a un riposizionamento strategico che coincide con un ritorno al passato. Ne sono prova la mano tesa al Generale Roberto Vannacci, dopo gli insulti e le prese di distanza che questi ha rimediato con l’uscita del suo libro di critica alla modernità e la violenta polemica accesa da Salvini contro il comportamento pilatesco rispetto alla difesa dell’interesse nazionale assunto dal commissario italiano a Bruxelles, Paolo Gentiloni.

Il “Capitano” deve aver convinto i suoi che un ripescaggio delle battaglie sovraniste, nel momento in cui Giorgia Meloni ha avviato il processo di istituzionalizzazione del suo partito secondo canoni accettati dall’establishment europeo, può offrire alla Lega un ampio spazio elettorale a destra, dove gli euroscettici si mischiano alle vittime della globalizzazione economica selvaggia e ai contrari alla guerra a oltranza alla Russia. Per quanto le rilevazioni settimanali sul gradimento dei partiti politici non siano affidabili, vale la pena sottolineare che la Lega torna a crescere in corrispondenza delle prese di posizione marcatamente sovraniste del suo leader. Se il trend dovesse confermarsi, Salvini potrebbe puntare a un discreto risultato alle prossime Europee. Successo che, combinato con il trionfo annunciato della Le Pen a casa sua, premierebbe il gruppo europeo di Identità e democrazia con una rilevante presenza nella configurazione del prossimo Parlamento europeo. Stavolta, però, il leader leghista non ha intenzione di consegnarsi all’irrilevanza in Europa. Nel momento in cui si apre la strada a un’alternativa al blocco di potere della maggioranza “Ursula” (popolari-socialisti-liberali) e una soluzione di centrodestra con Popolari e Conservatori diviene possibile anche a Bruxelles, Salvini vuole essere della partita e trascinarvi dentro anche la Le Pen.

Al momento, le componenti moderate del costituendo centrodestra europeo rigettano una tale prospettiva. In particolare, Forza Italia nega con fermezza il realizzarsi di un’ipotesi del genere. Ma nel dire: “Mai con la Le Pen”, commette un errore. Fuori dagli stereotipi, il partito della Le Pen non è più quello che è stato fino a qualche anno fa. Marine ha intrapreso una lunga marcia di avvicinamento alle posizioni della destra conservatrice contenibili nell’ambito di una dialettica democratica da “arco costituzionale”. L’odierno Rassemblement National, sebbene non abbia spento tutte le pulsioni populiste, ereditate dalla radice “poujadista” del Front National, sul fronte della politica estera ha svoltato in direzione della riproposizione del gollismo, in particolare nelle scelte che coinvolgono la partecipazione della Francia all’Unione europea e alla Nato. Con la parentesi trumpiana alla Casa Bianca, la Le Pen ha dimostrato di aver archiviato l’antiamericanismo che era stato uno dei tratti distintivi del Front National dalla sua fondazione. L’allarmismo in Europa generato dalla contiguità del Rassemblement National ad ambienti e idee del neofascismo transalpino è del tutto infondato. Malgrado all’inizio della sua storia il Front National abbia funzionato da contenitore promiscuo di istanze provenienti da correnti del “nostalgismo” fascista, monarchiche, xenofobe, dal reducismo dei paramilitari dell’Oas L’Organisation de l’armée secrète – dai fautori del colonialismo francese, oltre che dalla ideologia originaria del poujadismo, il lavoro di sgrossatura portato avanti da Marine Le Pen ha dato buoni frutti. Oggi Rassemblement National, erede diretto del Front National, è un’organizzazione della destra non estremista che può essere accettata dai moderati quale interlocutrice affidabile. L’altro elemento che spaventa i Popolari europei è la prospettiva di dover imbarcare nella futura alleanza di centrodestra forze impresentabili come la tedesca Alternative für Deutschland. In realtà, si tratta di un falso problema. L’Afd non è nel partito europeo di Identità e Democrazia ma si limita ad aderire al suo gruppo al Parlamento europeo. Tra le due posture corre una palmare differenza: appartenere al partito significa condividerne gli ideali e il programma politico, aderire al gruppo parlamentare è un atto di mera convenienza organizzativa. Per i Popolari una precondizione per avviare una trattativa finalizzata a dotare il Parlamento europeo di una solida maggioranza di centrodestra potrebbe essere proprio l’esclusione dei tedeschi di Afd dal tavolo dell’alleanza.

Differentemente da Forza Italia il partito della Meloni – ad eccezione di qualche battuta a effetto del ministro della Difesa, Guido Crosetto – tace sulla presenza a Pontida della Le Pen. Giorgia Meloni sa che la competizione a destra con la Lega è aperta e che Salvini farà di tutto per riprendersi i consensi perduti. Ma è altrettanto consapevole del fatto che pur in presenza di un brillante risultato elettorale, lei non potrà immolare i suoi voti sull’altare di un’alleanza con il centrosinistra in una infelicissima edizione di un governo europeo targato “Ursula plus”, dove “plus” sta per gli eventuali neoconvertiti di Fratelli d’Italia all’asse egemone socialisti-popolari-liberali. Una scelta del genere le alienerebbe di colpo la fiducia del suo elettorato tradizionale.

I giochi per cambiare verso all’Unione europea sono aperti e occorrerà del tempo per valutare se la sortita sovranista di Matteo Salvini avrà avuto effetto sui partiti della destra conservatrice e riformista. Al momento, non resta che mettersi comodi e godersi ciò che la leader francese avrà da dire al popolo di Pontida e, di rimando, agli italiani che vorranno ascoltarla. Allora, si accomodi pure signora Le Pen, che siamo tutt’orecchi. Bienvenue, madame Le Pen.


di Cristofaro Sola