La disciplina di bilancio non è una scelta

venerdì 1 settembre 2023


“Evitare sprechi e inefficienze, come il disastro del Superbonus 110 per cento”, che era scritto “malissimo e ha prodotto la più grande truffa ai danni dello Stato”. Questa la priorità del Governo per delineare le risorse su cui costruire la Manovra, come ha espresso recisamente Giorgia Meloni ai suoi ministri nella prima riunione del Cdm dopo la pausa estiva. A ciò fanno da corollario le numerose esternazioni del ministro dell’Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti, che continua a ripetere che “la coperta è corta, cortissima”. Tant’è che lo stesso Giorgetti ha escluso la possibilità di contrattare con l’Europa uno sforamento del deficit, fissato al 3,7 per cento per il 2024. Ma in questo caso, mi permetto di aggiungere, più che sostenere la solita tiritera del “ce lo chiede l’Europa”, è la realtà della nostra situazione debitoria, aggravata da una crescita economica sempre troppo bassa, che ce lo impone.

Quindi, malgrado la presenza di un’opposizione giallorossa sempre più irresponsabile sul piano della tenuta dei conti pubblici, oltre alle solite spinte ad allargare i cordoni insite in tutte le maggioranza, per l’Esecutivo guidato dalla Meloni il mantenimento di un’accettabile disciplina di bilancio non rappresenta affatto una scelta, bensì una dura necessità contingente. Inoltre, per soprammercato, con l’inevitabile rialzo dei tassi d’interesse, gravati come siamo da un debito sovrano che viaggia speditamente verso i tremila miliardi di euro, dovremmo rapidamente allinearci su una traiettoria che nei prossimi anni riporti molto vicino alla parità il bilancio dello Stato. Tutto ciò onde evitare che l’aumento del costo che sosteniamo per finanziare il debito, unito a qualche possibile turbolenza dei mercati finanziari, metta in seria discussione la sua sostenibilità, ossia la capacità di pagare a tempo indeterminato i relativi interessi.

Ora, la strada, maestra per mantenere in ordine i conti pubblici, consolidando in tal modo la fiducia dei mercati nei riguardi dell’Italia, resta quella di una ragionevole riduzione della spesa pubblica o, in subordine, quantomeno il mantenimento dell’attuale, seppur precario, equilibrio. Riuscirà in questo compito la premier, anche in considerazione dell’approssimarsi della significativa tornata elettorale delle Europee? Ai posteri e agli investitori l’ardua sentenza.


di Claudio Romiti