mercoledì 9 agosto 2023
Per una serie di motivi di opportunità, forse sarebbe il caso di tenersi alla larga dalla vicenda di Marcello De Angelis, il portavoce del presidente della Regione Lazio, reo di aver detto ciò che pensa sulla matrice ideologica della strage di Bologna. L’istinto di fare la cosa meno conveniente è però talmente allettante da non permetterci di sederci comodi, mescolandoci tra la folta platea di chi condanna Marcello De Angelis sulla base di un pregiudizio meschino perché frutto di una incoerenza di fondo.
Un Paese che invita in pompa magna i terroristi rossi nelle Università, sostenendo che hanno tutto il diritto di esprimere in ogni sede le proprie opinioni, non può trasecolare di fronte alle dichiarazioni di un giornalista (che terrorista non è e non è mai stato) il quale non dice che la strage di Bologna è stata una cosa bella (ci mancherebbe) ma solleva dubbi sui mandanti e sugli esecutori. L’opinione è legittima ed è addirittura nemmeno troppo originale, visto che Francesco Cossiga, il magistrato Rosario Priore e giornalisti come Andrea Colombo (Il Manifesto e Liberazione) hanno per anni sostenuto che la ricostruzione processuale non sta in piedi, perché non poggia su alcuna prova.
Ma non è la ricostruzione processuale il fatto che ci interessa. Per ribaltare una verità processuale bisogna portare prove o desecretare documenti utili a ricostruire i fatti, altrimenti parliamo del nulla. Quello che ci fa inorridire è, invece, la violenza brutale con cui tutta la sinistra si è avventata su De Angelis, chiedendone le dimissioni per una opinione e l’imbarazzo con cui la destra, per la stessa opinione, ha obbligato il portavoce del presidente Francesco Rocca a chiedere scusa. Di cosa debba scusarsi sinceramente non si capisce, visto che già Luigi Cipriani, un deputato di Democrazia Proletaria nel 1995 disse più o meno le stesse cose, seguito da Marco Pannella e dal Comitato “E se fossero innocenti”, che non annoverava certo neofascisti tra le proprie fila.
Tanto più che De Angelis ha anche motivi personali per ritirare fuori questa vicenda, dato che suo fratello Nazareno fu arrestato dopo la strage di Bologna in quanto dirigente di Terza Posizione, morì in carcere in circostanze misteriose e meriterebbe giustizia, anche se si chiamava Nanni De Angelis e non Stefano Cucchi. Ma anche in questo caso rischieremmo di trovare delle motivazioni di carattere personale per giustificare una opinione che non abbisogna di giustificazioni, eccetto che in un mondo in cui il film Barbie supera il miliardo di incassi, Elly Schlein diventa segretaria del Partito Democratico e il costrutto antifascista si basa su miseri pretesti.
di Vito Massimano