lunedì 7 agosto 2023
Una volta Renato Curcio – durante il processo alle Brigate rosse a Torino – lesse un comunicato, di quelli che all’epoca si etichettavano come “deliranti”, affermando, e citando Lenin, che secondo lui la verità è quella che serve alla “rivoluzione dei proletari”. Un’idiozia di quelle di moda negli anni di piombo.
Mutatis mutandis, la posizione dell’attuale Partito Democratico sulla matrice “per forza” fascista della strage di Bologna sembra ricalcare quella falsariga. Lasciamo qui perdere le dichiarazioni di repertorio delle istituzioni, del Presidente della Repubblica e del Senato (sebbene un tempo missino, quest’ultimo), che giustamente hanno l’obbligo diplomatico di tenersi per sé quello che eventualmente pensano, onde evitare di creare un caso a ogni cerimonia cui presenziano. Stupiscono, invece, le retromarce di persone come Giovanni Pellegrino che, ai bei tempi in cui presiedeva la commissione Stragi, non esprimeva affatto le certezze colpevoliste che oggi manifesta nell’intervista data a Repubblica.
Lo ha ricordato giorni fa Luca Ricolfi, rievocando i tempi del comitato “E se fossero innocenti?”, tarato proprio su questa ipotesi riguardante Francesca Mambro e Valerio Fioravanti. Decine di esponenti della intellighenzia di sinistra firmarono quell’appello, forse perché all’epoca – nel 1995 – non c’erano Fratelli d’Italia al Governo e tantomeno Giorgia Meloni a presiederlo. E nessuno, allora, avrebbe tentato di linciare, forse riuscendoci, un Marcello De Angelis che semplicemente ha detto quello che tutti hanno visto per decenni: l’inconsistenza probatoria che ha portato alla condanna dei due ex capi dei Nar.
Una condanna sulla parola di uno pseudo pentito della Banda della Magliana, smentito da tutta la sua famiglia sulla propria presenza a Roma il 4 agosto 1980, il giorno in cui disse di essersi incontrato con Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, che gli avrebbero chiesto un passaporto per espatriare, commentando la strage di due giorni prima con l’esclamazione “hai visto che botto?”. Una ca…ta sesquipedale.
Quasi trenta anni dopo quell’appello firmato da molti esponenti di quella sinistra che molti oggi definirebbero della Ztl, essendo nel frattempo arrivato il contrordine compagni da parte di storici dello spessore di Miguel Gotor, e con un Governo di destra in Italia, tutti quelli che tirarono il sasso oggi nascondono la mano. Con l’eccezione di un giornalista del Manifesto, Andrea Colombo, uomo di rara onestà intellettuale e ormai prossimo al pensionamento. Rossana Rossanda purtroppo è morta, ma c’è da dubitare che si sarebbe uniformata alla nuova verità di partito. Che non dovrà servire alla rivoluzione come proclamava Renato Curcio. Bensì a un ridicolo accordo politico con Giuseppe Conte e i forcaioli un po’ ignorantelli dei Cinque Stelle.
Questo è veramente il mondo rovesciato, non quello di cui parlava domenica un pur bravo editorialista di Repubblica.
di Dimitri Buffa