venerdì 28 luglio 2023
“A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che “ogni straniero è nemico”. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come un’infezione latente. Si manifesta solo in atti saltuari e non coordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo”. Così scriveva Primo Levi, nella sua prefazione a Se questo è un uomo, svelando il meccanismo relativamente semplice che conduce dalle idee comuni che vedono nell’altro lo straniero o il nemico ai campi di concentramento in cui ci si auspica che l’altro di cui non si condividono valori e idee venga silenziato, confinato, sterminato.
Così l’insegnamento di uno dei più noti protagonisti di quella anti-umana e anti-giuridica esperienza che è stata il XX secolo, da alcuni più attenti giustamente definito come “secolo dei campi”, che però non sembra essere stato recepito e assorbito da Matteo Bassetti, il quale sulla propria pagina Facebook ha di recente postato – secondo quanto riportato da alcune testate giornalistiche nazionali e locali – un’immagine che ritrae i cosiddetti no-mask, no-vax, no-green pass e i negazionisti dei cambiamenti climatici in abito concentrazionario di spalle mentre si incamminano verso un arco metallico – nello stile simile a quello che campeggiava all’entrata di Auschwitz – su cui appare la scritta: “La libertà di pensiero non rende liberi”. Pare che poi il suddetto post sia stato rimosso, non si sa se da parte dallo stesso Bassetti o dagli algoritmi censori di Facebook. Ad ogni modo, la questione è talmente grave da meritare alcune seppur sintetiche riflessioni. In primo luogo: con tutta evidenza il professor Bassetti sarà competente nelle sue discipline, ma ignora del tutto i più elementari rudimenti giuridici in genere e in special mondo quelli in riferimento alla libertà di pensiero. La libertà di pensiero, infatti, come libertà primaria, giuridicamente fondata e costituzionalmente tutelata non dipende dalla condivisibilità del contenuto di cui essa è foriera, così che, almeno in un ordinamento giuridico di uno Stato di diritto maturo ed effettivo, che cioè non sia strumento di sopruso come negli Stati totalitari, godono della medesima libertà sia coloro che intendessero difendere il sistema copernicano, per esempio, tanto coloro che intendessero difendere il sistema tolemaico.
Può apparir singolare, specialmente agli “stranieri” della fenomenologia giuridica, ma tant’è e per almeno due ragioni:
1) perché non esiste e non può esistere un pensiero definitivamente dato e ufficiale da imporre in modo assoluto e incontestabile (nemmeno nel mondo della giurisdizione in cui, non a caso, esistono diversi gradi di giudizio sulla consapevolezza per cui la decisione del giudice di primo grado non può essere necessariamente definitiva poiché esso può sbagliare);
2) perché proprio nel mondo della scienza, qualora questa sia rettamente intesa, la libertà di pensiero, di critica, di “eresia” costituisce un pilastro essenziale nel progresso del sapere e delle scoperte.
In questo senso, sarebbe bene compulsare, tra i molteplici esempi possibili, le riflessioni di un Premio Nobel per la fisica come Richard Feynman secondo il quale, infatti, “un’altra caratteristica della scienza è che insegna il valore del pensiero razionale e l’importanza della libertà di pensiero, come pure la necessità di dubitare, di non dare per scontata alcuna verità”. Ci sono forse verità pandemiche che non possono essere messe in discussione? Non ci si rende conto che in tal maniera esse non sarebbero verità scientifiche? Non si comprende che in tal maniera è proprio chi solleva dubbi ad agire in modo scientificamente corretto a differenza di chi, come Bassetti, vive di assolute certezze?
La convinzione di Bassetti, dunque, oltre che essere giuridicamente errata – e per le ironie della sorte si avvale della libertà di pensiero attraverso i social proprio colui che nega il suo reale meccanismo di funzionamento – è anche epistemologicamente falsata, dimostrando come non ci possa essere vera scienza senza vera epistemologia e, per converso, che non si potrà mai essere autentici scienziati al di fuori delle corrette dimensioni epistemologiche di base che si dovrebbero assumere con anni di lungo e faticoso studio filosofico. In secondo luogo: l’idea, seppur fugace, che si possano e si debbano internare in un campo di concentramento o di sterminio coloro che la pensano diversamente come appunto i sedicenti no-vax (non si sa bene chi siano), i cosiddetti no-mask (non si sa bene perché), o perfino i presunti negazionisti climatici (non essendo chiaro quale sia la loro colpa), esprime la più feroce e anti-giuridica delle pretese totalitarie, poiché sottintende che tutti debbano sottomettersi ad unico pensiero, come appunto accade nei regimi totalitari, e che gli eventuali “disallineati” meritino la prigione o perfino la morte, come appunto è accaduto in tutti i regimi liberticidi e strutturalmente anti-giuridici del XX secolo. La scadente, per non dire assente, dimestichezza delle virostar con le più elementari regole costitutive dello Stato di diritto e della democrazia, dunque, lascia quanto meno sconcertati e perplessi.
Se, infatti, Roberto Burioni predicava contro lo Stato di diritto, Bassetti adesso evoca i campi di sterminio lasciando intendere come si viva oggi in un’epoca di inquietante indigenza del senso del diritto che nessun diploma o nessuna cattedra potrà mai colmare. In conclusione, sebbene molto altro si potrebbe e si dovrebbe aggiungere su questa triste vicenda, sorprende e preoccupa che personaggi così in vista, per molti divenuti – seppur inspiegabilmente – punti di riferimento, nutrano idee così malsane e disumane rievocando quegli incubi che tanta morte e devastazione hanno causato all’umanità – ben più di un virus – e di cui si sente ancora potente l’eco nelle loro parole e nei loro pensieri. In ogni caso, pur essendo del tutto errate e nefaste le idee di costoro, si è tenuti a riconoscere proprio per costoro – in ossequio, non già alla loro opinione di scarso valore, ma in obbedienza all’imperiosa cogenza delle superiori ragioni del diritto – la libertà di esprimere i loro madornali e folli errori senza per questo avvertire l’esigenza di doverli confinare in qualche manicomio, sulla base della consapevolezza per cui, con le parole di Walter Lippmann, “quando tutti pensano allo stesso modo, nessuno pensa davvero”.
di Aldo Rocco Vitale