Ricordando la dannazione di Enzo Tortora

sabato 17 giugno 2023


Sassolini di Lehner

Oggi, 17 giugno, ricorre il quarantesimo anniversario di una delle più ripugnanti vergogne delle Procure italiane e di un certo giornalismo opportunista, vile, sinistrorso e forcaiolo.

Il 17 giugno del 1983, Enzo Tortora viene arrestato con accuse veramente stupefacenti: traffico di droga ed associazione camorristica.

Camilla Cederna, che riposi in pace in qualche bolgia, a caldo scrive: “Mi pare che ci siano gli elementi per trovarlo colpevole: non si va ad ammanettare uno nel cuore della notte se non ci sono delle buone ragioni. Il personaggio non mi è mai piaciuto”.

Luciano Visintin non è da meno, che riposi in pace pure lui, magari fianco a fianco con il procuratore assassino Andrey Vyshinsky, dà per certa l’accusa ed insinua anche il dubbio che Tortora sia gay:Il suo arresto conferma quello che chiare indicazioni davano già per sicuro, e cioè che Tortora è un personaggio dalle mille contraddizioni. Ligure spendaccione, se non proprio generoso, giornalista e quindi osservatore ma al tempo stesso attore e portato all’esibizione, umorale e tuttavia al servizio del più rigoroso raziocinio, colto (come ama anche ostentare in tv) eppure votato alle opere di facile popolarità, incline a un’affettazione non lontana dall’effeminatezza ma notoriamente amato dalle donne e propenso ad amare le più belle (due mogli e falangi di amiche). Moralista infine – proprio questo il sigillo che l’arresto imprime alla sua sfaccettata personalità – e ora colpito da un’accusa che fa di colpo traballare ogni sua credibilità morale”.

Che dire di Alessia Donati, pronta ad uccidere con l’arma del sentito dire: “Qualcuno a Milano dice che quando era stato licenziato dalla Rai lo si poteva vedere, di notte, in un giro di balordi. Qualcun altro si meravigliava di averlo incontrato spesso, anche in questi ultimi tempi, sugli aerei Roma-Palermo, Palermo-Roma. Che interessi poteva avere Tortora in Sicilia?.

Luigi Compagnone, altro ufficiale dell’Nkvd, ora nel girone dei moralisti, esperto in sterco del diavolo: “Tortora… è solo uno dei tanti, tantissimi pessimi esempi dell’italiano che, sotto la lacrimuccia televisiva, nasconde il suo ardore per il danaro: e quindi è disponibile a tutto”.

Daniele Mastrogiacomo, tuttora in vita nonostante il fiele, ne sa una più del diavolo: “… lo spaccio operato da Tortora non consisteva certo in stecchette o bustine, ma in partite di 80 milioni a botta. Un’attività durata anni e stroncata solo ultimamente, secondo indiscrezioni, per uno sgarro commesso dal noto presentatore. E ancora, pranzi e cene con noti e meno noti camorristi, incontri segreti, rapporti, inchieste, raccomandazioni, suggerimenti, appalti.

Tralascio per motivi di buon costume le fellationes a mezzo stampa per il godimento della Procura di Napoli, roba da far declassare Monica Lewinsky, rimandando per altre chicche velenose alla recensione del saggio su Tortora di Daniele Biacchessi, a firma Alessandro Litta Modignani (cfr. L’Opinione, 16 febbraio 2013), dove si rende onore ai pochi giornalisti sfuggiti all’ammucchiata manettara – Enzo Biagi, Vittorio Feltri, Giorgio Bocca su tutti – mentre ad eterna infamia del Corriere della Sera, il cronista Adriano Baglivo, defunto, e il direttore Alberto Cavallari, pure lui ghiuto, toccarono il fondo di Caina, dando per accertato che Tortora s’era intascati i denari raccolti per i terremotati dell’Irpinia.

Del resto, Baglivo e Cavallari non fecero altro che spianare la strada al Corriere della Sera più forcaiolo che mai, direzione Paolo Mieli, prossimo a diventare organo ufficiale di Mani pulite.


di Giancarlo Lehner