sabato 17 giugno 2023
L’istinto di ogni generazione è di difendere i propri valori, e anche tanti disvalori, attaccando ogni anelito di novità. Senza quasi mai riconoscere che il nuovo diventa spesso il quotidiano di un mondo che si deve adeguare alla popolazione che aumenta, alla tecnologia che avanza, a una società che scalpita in misura sempre più esponenziale. La difficoltà maggiore sta dunque nel riuscire a distinguere i mutamenti fisiologici, dunque necessari, dagli estremismi fabbricati per connotare un’epoca, con la complicità dei duri e puri dell’assurdo.
I social, e non solo, hanno inserito la comunicazione del Terzo millennio in un frullatore le cui pale girano sempre più vorticosamente, sminuzzando e mescolando tutto quello che c’è al suo interno e riducendo sempre più la possibilità di distinguere l’informazione professionale da quella dilettantistica. Il modo è semplice: basta mettere in cima alla scala la notizia bomba, non importa se abbia un seppur vago senso. In fondo quella, noiosissima, di cronaca, tutti i particolari controllati. E chissenefrega.
La campagna strisciante per la scrittura democratica tende a livellare letterati e analfabeti, presto la Treccani omologherà nn e xché, non abbiamo più tempo per le stesure tradizionali, e quei tre centesimi di secondo che risparmiamo omettendo “la” o e “il” per potremo impiegarli costruendo un futuro migliore. O per compensare la lunghezza delle definizioni che da anni conferiscono prestigio a chi esercita un mestiere.
Ma, a ben vedere, operatore ecologico fa sorridere, pensiamo tutti allo spazzino, pur tecnologizzato. Mentre uno youtuber ci lascerà, sì, nel pattume fino al collo, ma farà crescere cultura, mente, fantasia, il pianeta, insomma. Sentir pronunciare questo neologismo creativo ci fa volare verso una levatura infinitamente superiore a quella di chi igienizza il mondo.
Peccato che YouTube sia più di un pianeta, un universo. Pieno di cultura, di musica di tutti i generi, e poi film, notizie (anche vere). À la carte. Ma, come TikTok e il resto del firmamento che scintilla a tutti i costi, accoglie chiunque faccia qualunque spettacolo, di ogni genere. Perfino i guinness dei primati a cura di idioti che fanno sognare i loro simili: i leader sono i celebrati o autocelebrati influencer, ma il numero dei loro follower non misura solo la gloria. È anche e soprattutto moneta sonante che fa arricchire ragazzi all’apparenza nullafacenti.
E finché ci si limita a ferragnare vendendo ciabatte a prezzo di platino, va anche bene: libero commercio, liberi ingenui. Ma quando si ammazzano bambini noleggiando simboli di un lusso spocchioso, per battere record autoimposti per decuplicare il proprio popolo, allora, solo allora, il resto del genere umano si adira, si infuria, sussulta, chiede ghigliottine ben affilate.
Prima dello schianto nessuno si era accorto di nulla: i genitori che minimizzano l’omicidio, derubricandolo in ragazzata che si aggiusterà (in che senso, il bimbo risorgerà?), appartengono alla generazione precedente, ma sono già moderni, allineati, guardano a un futuro in cui un piccolo può essere una vittima sacrificale sulla strada del progresso. O forse non ci siamo accorti di un passaggio in cui nessuno ammette la propria età e scimmiotta i figli per condividerne prospettive parallele, ma senza capirne nulla.
E da loro impara, perché insegnare ai giovani è un concetto del passato. E, comunque, privilegio di rarefatti alfabetizzati.
di Gian Stefano Spoto