La minaccia ungherese

lunedì 5 giugno 2023


Nella scorsa settimana il Parlamento europeo, con una risoluzione, ha manifestato la preoccupazione per una prossima presidenza ungherese del Consiglio Ue dei Capi di Stato e di Governo dell’Unione europea. Questo perché l’Ungheria è sotto attenzione per gravi violazioni dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, nonché per una certa resistenza nell’allinearsi alle sanzioni verso la Federazione Russa in merito all’invasione dell’Ucraina.

Il Parlamento europeo si chiede se non sia il caso di “saltare” quella presidenza di turno. Secondo i termini dei trattati istitutivi non si può fare. La presidenza di turno era, in origine, stabilita per i Consigli di ministri delle Comunità, pensate come istituzioni bicamerali: un’Assemblea con la rappresentanza dei cittadini, un Consiglio di ministri in rappresentanza degli Stati, con una presidenza a rotazione.

Il Consiglio europeo, in fondo, non è che un Consiglio di ministri in materia di politica generale: in primis la politica estera e di sicurezza, cioè la difesa, dove i ministri realmente responsabili sono i capi degli Esecutivi nazionali, capi di Stato o di Governo a seconda delle rispettive Costituzioni interne.

Quando si è passati dalle Comunità di settore all’Unione europea, però, si è sentita la necessità di assicurare una maggiore unità degli indirizzi di politica generale. Allora è stata istituita la figura di un presidente del Consiglio europeo stabile: attualmente è Charles Michel. Però, è stata anche conservata la presidenza di turno, per impegnare gli Stati membri a esprimere la loro visione dell’Unione europea. E certamente quella dell’attuale Governo ungherese non è un granché.

Ci sono, però, due circostanze. La prima è che la continuità nell’assicurare un proseguimento d’indirizzo è il compito precipuo del presidente permanente. E in tale ambito Charles Michel ha idee molto chiare. La seconda è che il Consiglio europeo decide all’unanimità e le posizioni ungheresi sono minoritarie. Questo non eviterà le discussioni e i contrasti, ma queste sono cose tipiche della politica. Semmai, potrebbe esserci il rischio, proprio in virtù di quel criterio unanimistico, di un ruolo di freno della volontà quasi consensuale degli altri nell’aiuto all’Ucraina in guerra o sulle sanzioni alla Federazione Russa per l’aggressione perpetrata.

Ciò, però, potrebbe aver l’effetto di spingere tutti a una revisione dei trattati che possa abolire il principio del voto unanime. Cioè, paradossalmente, le intemperanze dell’attuale Governo ungherese potrebbero portare a un decisivo passo avanti nella vita delle istituzioni supernazionali.


di Riccardo Scarpa