giovedì 1 giugno 2023
Non conosco le dinamiche interne al Partito Democratico, che immagino particolarmente roventi dopo l’ultima batosta elettorale. Tuttavia, ascoltando la reazione piccata alle critiche che le giungono da ogni parte, mi sto sempre più convincendo che Elly Schlein sia una leader di transizione per una forza politica perennemente in mezzo all’ormai proverbiale guado.
“Il cambiamento non è un pranzo di gala – ha dichiarato la Schlein – mettetevi comodi, abbiamo un lavoro lungo da fare. Noi non ci fermiamo. Abbiamo da ricostruire una prospettiva dando speranza al Paese. Facciamolo tenendo botta”.
Ma è proprio la prospettiva che sembra mancare del tutto alla linea vetero-gruppettara della giovane segretaria. Ovviamente mi riferisco a una prospettiva spendibile sul piano del consenso, sostenendo un’impostazione politica che sia sostenibile soprattutto sul piano economico-finanziario. Anche perché, dopo la colossale fregatura che un terzo dell’elettorato ha rimediato con il Movimento Cinque Stelle, che proponeva soluzioni irrealizzabili per problemi complessi, non credo che ci sia più molto spazio in Italia per avventuristiche utopie.
Utopie, almeno sul piano dei nostri sempre traballanti conti pubblici, come quella che in questi giorni sta sostenendo in ogni dove la stessa Schlein, raccontando la favola di aumentare ulteriormente il già elevatissimo livello di redistribuzione, oltre a minacciare nuovi inasprimenti fiscali, come l’idea di aumentare le tasse di successione. Si tratta di una linea che potrebbe tranquillamente esprimere un sindacalista oltranzista come Maurizio Landini, ma non certamente il capo di un partito, seppur dichiaratamente di sinistra, che ambisce a governare il Paese.
E per fare questo è necessario puntare a una leadership che sia in grado di includere le componenti più moderate di un elettorato sempre più mobile, evitando si spaventarlo con slogan e prese di posizioni chiaramente di stampo massimalista. In questo senso, continuando a spostare sempre più a sinistra il baricentro del Pd, Elly Schlein sembra seguire il percorso inverso che i membri fondatori di questo partito – in sostanza il Pds e la Margherita, più altri cespugli d’area – hanno affrontato per raggiungere l’obiettivo di una forza politica dichiaratamente di centrosinistra.
Tant’è che molti vecchi militanti provenienti dal Partito comunista italiano, reduci da tutta una serie di svolte particolarmente traumatiche, a cominciare da quella storica della Bolognina, a questo punto si chiederanno a cosa siano serviti tali mutamenti, visto che si ritrovano con una segretaria che parla come Fausto Bertinotti.
di Claudio Romiti