Era meglio affogare da piccoli

martedì 23 maggio 2023


Senza volermi addentrare in disamine politiche che non mi appartengono e che quindi preferisco lasciare ad altri, ben più dotti di me nel campo, due parole o poco più in merito a quanto avvenuto nelle scorse ore in Emilia-Romagna, s’impongono, per cui ne tratterò a mio modo partendo da un fatto privato del quale posso avere assoluta certezza, che è il seguente: mio padre ha operato nel Genio civile sino a pochi mesi prima della sua morte. Anche di quella del Genio civile che, sebbene ancora “esistente”, non è certo più quello che ebbi modo di conoscere da ragazzo e da bambino.

Insomma, durante l’alluvione di Firenze – e noi c’eravamo, anche se io non ne ho memoria visto che avevo tre anni – fu anche grazie agli uomini del Genio civile se la città si riprese. Ma erano eventi eccezionali, allora, anche perché proprio quelli che poi negli anni Ottanta saranno “i vecchi” del Genio civile, e additati spesso come “fascisti” a causa della loro data di nascita che si aggirava proprio all’alba del Ventennio se non prima, erano soliti fare qualcosa che forse oggi non è più in uso, ovvero andare “in missione”, anche nei giorni festivi, nelle zone rurali, boschive e comunque per prati, boschi e campagne a controllare lo stato dei torrenti, dei fiumi, delle eventuali costruzioni abusive o comunque la manutenzione di tali aree; talvolta elevando contravvenzioni, il più delle volte limitandosi a segnalare allo stesso incauto “cittadino” di intervenire presso le sue proprietà.

Voglio dire che sino a quando lo conobbi io, operativo, seppur composto ormai da anziani, dunque “fascisti”, il Genio civile nel nostro Paese ha contribuito efficacemente a ridurre se non a scongiurare che eventi tragici come questi della Romagna potessero avvenire. Certo, l’imprevisto è sempre in agguato e nessuno può sapere come la saetta di Zeus colpirà né dove, però una prevenzione, nei limiti dell’umano, c’era. Senza per questo voler ricordare il lavoro d’immensa bonifica fatto durante l’esecrato Ventennio, in molte zone d’Italia, compreso il Polesine, tra le Paludi pontine e persino nelle zone risanate della Sardegna. Oh già, di questi atti che nulla hanno di eroico né di miracoloso, voluti dal Fascismo e da Benito Mussolini è meglio non parlarne per non turbare troppo gli animi “democratici e antifascisti” che siedono sugli scranni di Montecitorio. Sia mai.

Allora facciamo un salto indietro nei secoli, ai tempi nei quali la Serenissima Repubblica di Venezia dominava le zone che oggi vanno dalla Bergamasca alle attuali sponde dalmate. Sì, perché non soltanto in quelle zone – che poi appartengono a un territorio che fu un tempo mare, abitato da creature fantastiche e che ancora nell’alto Medio Evo era una terra semiaffondata nelle acque – che vanno delle paludi pontine e poi lombardo-venete, si aggirò Leonardo da Vinci, Mago delle acque, intento a cercare di studiare sistemi antichi e nuovi per mantenerle sotto controllo, ma vi era un ufficio preposto che andava sotto il nome di “Magistrato alle acque”, il cui rappresentante aveva potere di vita e di morte su coloro che non avessero mantenuto in ordine il territorio governato dalla Serenissima. Questo nel Sedicesimo secolo, non durante il bieco e oscuro periodo di dittatura mussoliniana. Coloro che volessero approfondire possono fare riferimento alla voce “Magistrato alle acque” su Wikipedia, dalla quale ho attinto per brevità e scoprirebbero che al Magistrato alle acque spettava dunque l’autorità sulle opere di bonifica, di scavo, manutenzione e controllo dell’elemento equoreo non soltanto nella Laguna di Venezia, ma su tutti i fiumi che in essa sfociavano. L’estrema complessità e importanza di questa magistratura mostrava l’assoluto interesse della Repubblica al mantenimento in regola delle acque lagunari, che garantivano non soltanto la sopravvivenza della città e del suo sistema sociale ed economico, ma erano l’ultimo baluardo posto a difesa dalle minacce esterne.

Sempre dalla stessa fonte di apprendiamo quindi che: “Il Magistrato alle acque è stato soppresso dal Governo Renzi il 13 giugno 2014 in seguito alle indagini riguardanti le tangenti sul Mose...” e che “le funzioni dell’ex Magistrato alle acque sono state trasferite all’Ufficio 4 ‘Salvaguardia di Venezia del Magistrato alle acque – Opere marittime per il Veneto’ del provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti”.

Insomma, Matteo Renzi, dimentico del lascito non soltanto estetico ed etico, filosofico e metafisico del nostro Rinascimento, ha consentito la soppressione di un’istituzione che già ai tempi del suo concittadino Lorenzo de’ Medici, detto “Il Magnifico”, salvaguardava le terre acquatiche del Polesine e dell’Emilia, tra Lombardia, Veneto e Romagna, e lì, a quel tempo, il fascismo non era neanche nella mente di Dio, ve lo posso assicurare.


di Dalmazio Frau