Quegli schiaffi “politici” a Giorgia

venerdì 12 maggio 2023


Si fa presto a dare schiaffi. E si fa prestissimo a prenderli. Intendiamoci: quelli “teoricamente” dati da Giorgia Meloni sono, come dice la parola, teorici. È finita nel mirino della gauche e ne vedremo – e sentiremo – delle belle. Va detto che quelli a lei mollati sono composti da parole: parliamo di politica. E i ceffoni sono, appunto, politici. Per di più queste, chiamiamole anche sventole, venivano da fuori i nostri confini, da Francia e Spagna. In modo particolare da Oltralpe, dove Emmanuel Macron ci ha preso gusto.

Ovviamente, ci si chiede il perché di questi sberloni poco diplomatici. Ed è chiaro, almeno per gli addetti ai lavori, che si tratta, in primis, di repliche, di risposte, ancorché pesanti, a quelle che in simili casi vengono chiamate provocazioni. Ma siamo ancora in zona per dir così anticipata. Anche perché sia da Parigi che da Roma (e pensiamo anche da Madrid) la ragione fondamentale è apparsa, innanzitutto, la preparazione alle elezioni europee. E naturalmente alle necessarie, prevedibili alleanze. Quelle sul lavoro, avanzate dalla Spagna, sembrano e sono più chiare e meglio definite.

Comunque, la nostra leader, in visita a Praga, non ha contrapposto quello che diplomaticamente si chiama fin de non-recevoir (molto comprensibile, se non giustificato dato il momento) ma ha usato toni smorzati. Pur finita nel doppio mirino dell’Unione europea, il presidente del Consiglio ha utilizzato toni blandi: “Ci attaccano perché facciamo bene. Si usano altri governi per regolare rapporti interni, non mi sembra una cosa ideale sul piano della politica e del galateo”.

Parole sagge, indubbiamente, che in politica estera hanno sempre una doppia, se non triplice, valenza proprio in base al galateo. Ma il fatto rimane. Anzi, restano i significati delle parole che, in realtà, non sono pietre ma, nell’educata risposta di Meloni, rappresentano una sorta di buffetto, in attesa di momenti più adatti alla bisogna. Eppure… non essendo parole dette a caso, c’è quel termine “politico” prima di “galateo” che, come si diceva una volta, è tutto un programma.

Diciamo che il Governo Meloni non è allineato, nel senso che non appartiene alla main string politico-amministrativa delle grandi (e medie) città europee prevalentemente di centrosinistra. Il che fa, in un certo se senso, la differenza. Ma il nostro sospetto è che la vera differenza, per non pochi dirigenti politici francesi e spagnoli, sia la provenienza politico-partitica della Meloni. A me è capitato quest’estate di scambiare qualche idea con amici francesi, indubbiamente colti, cioè professionisti, laureati e informatici, che a proposito del nostro Governo si fermavano sul nome di Meloni, apostrofandola ripetutamente come fascista. Io continuavo a insistere che non era vero, che adesso è un’altra, che la democrazia ha sempre vinto, che occorre misurare le parole. Già, le parole. E soprattutto quella parola: fascista. Che da noi, per fortuna, è messa un po’ all’angolo. Ma che in Francia fa fischiare le loro bocche al pronunciarla.


di Paolo Pillitteri