Armocromici o daltonici?

mercoledì 3 maggio 2023


Non saprei dire francamente se l’armocromia sia di destra o di sinistra. Il buon senso mi suggerisce che questa pratica, legata alla consulenza d’immagine, tutt’al più abbia una valenza politicamente trasversale, poiché riguarda l’attitudine, tipicamente umana, di curare il proprio aspetto e quindi l’immagine che gli altri hanno di noi. A pensarci bene, in fondo, funziona più o meno così da qualche millennio. Quello però che so per certo è che non ci sarà mai alcuna paletta cromatica, o mazzetta di colori, a supplire o a condensare una visione politica o una impronta programmatica, foss’anche di breve veduta. Ma tutto ciò mi pare rasenti l’ovvio.

Ergo, Elly Schlein è libera di farsi intervistare da Vogue come da Topolino. È altresì libera di parlare di outfit piuttosto che di peluche. Però poi dovrebbe ricordare qual è il suo ruolo. Dovrebbe ricordare, cioè, che il segretario di un partito, soprattutto di un partito oggettivamente importante come il Pd, dovrebbe tracciare una rotta e sagomare un profilo identitario, che aiuti a comprendere la collocazione della propria fazione all’interno del sistema democratico. Questa è la capacità, in sostanza, di articolare un ragionamento di prospettiva, per poi sostanziarlo mediante policy concrete nei vari gangli del quotidiano vivere: welfare, fisco, sanità, lavoro, investimenti pubblici, mobilità.

Finora abbiamo saputo che Schlein si considera a pieno titolo antifascista – adoperando in tal modo una categoria culturale anacronistica vista l’assenza, ormai da decenni, della controparte ideologica – e che non disdegna la pratica della Gpa, ovverosia la cosiddetta gestazione per altri. In sintesi: l’utero in affitto. Quindi, viene da sé, il problema non è tanto quando Schlein parla a nome di Elly, disquisendo di trench ed eskimo, perché ci sta; il problema, semmai, emerge quando un leader di partito parla di tematiche, tipo quella storica oppure quella antropologica, nelle quali la politica, intesa nella sua capacità di rispondere a domande essenziali, non dico in termini messianici o escatologici ma, almeno, per il presente e il futuro generazionale dei nostri figli e nipoti, diviene ospite molto spesso indesiderato.

In conclusione, a essere imputato ad Elly Schlein non è quello che dichiara a Vogue, ma quello che non viene dichiarato su Repubblica e il Manifesto. E soprattutto quello che non viene detto a noi italiani. Anche a chi – quorum ego – parteggia per un altro partito. Possibilmente mediante l'uso di una grammatica sufficientemente comprensibile.


di Luca Proietti Scorsoni