La Svezia in vetta alla classifica dei Paesi più insicuri in Europa

venerdì 28 aprile 2023


È oramai da qualche tempo che la Svezia è ai vertici degli indici di insicurezza europea e nelle statistiche annuali si contende il podio con Moldavia, Bielorussia e Ucraina. Nel 2020 è risultata prima in questa incresciosa classifica che la vedeva invece in posizioni ben più vantaggiose sino al 2010.

Cosa sia successo negli ultimi dieci anni in un Paese da sempre considerato nell’immaginario pubblico un pezzo di mondo felice, merita un’attenta analisi ma il risultato che viene subito in evidenza è che in questo periodo la Svezia ha vissuto in grande misura i problemi legati alla denatalità e all’invecchiamento della popolazione subendo un flusso migratorio di etnie extraeuropee proporzionalmente molto più consistente rispetto agli altri Paesi dell’Europa.

Un modello di integrazione, un tempo giudicato efficace e celebrato da più parti come un caso studio da emulare, da almeno un decennio è entrato in una fase di grave crisi, come dimostrano le criticità relative alla sicurezza pubblica rappresentate dalla guerra tra bande e dalla proliferazione di società parallele caratterizzate da disoccupazione e criminalità.

Nonostante l’efficienza del sistema di welfare in molte aree urbane del Paese sono emersi gravi problemi di esclusione sociale e di diseguaglianze economiche che hanno riguardato soprattutto gli immigrati. In molti quartieri poveri le bande criminali sono talmente radicate da avere in parte estromesso le strutture dello Stato e la possibilità d’intervento delle forze di polizia. Il caso delle giovani rifugiate ucraine ospitate al Sud della Svezia che pochi mesi fa hanno chiesto di rientrare nel proprio Paese ove si sentivano più sicure, ben esplicita la situazione.

In un recente rapporto della commissione svedese sulla criminalità organizzata si legge che fino a quindici anni fa la Svezia occupava gli ultimi posti della classifica dei Paesi con più omicidi per arma da fuoco: lo scorso anno, invece, nello specifico reato è salita al secondo posto dopo la Croazia, con quattro omicidi all’anno per milione di abitanti contro una media europea di 1,6.

Forse è uno dei motivi per cui gli scrittori svedesi di gialli stanno avendo enorme successo. Si pensi a Stieg Larsson, Camilla Läckberg, Liza Marklund e tanti altri famosi conterranei che non hanno avuto difficoltà a trovare ispirazione nell’ambiente non distante da loro.

Il volto della Svezia sta quindi cambiando radicalmente e, in base ad uno studio pubblicato dal giornale svedese Folkbladet, nel prossimo futuro la composizione etnica della Svezia sarebbe destinata a mutare profondamente a causa di una dinamica demografica e migratoria che porterà gli autoctoni ad essere superati da popoli provenienti da terre al di là del Mediterraneo.

La Svezia ha poco più di 10 milioni di abitanti e se perdureranno nel tempo gli attuali ritmi immigratori – dal picco di 160mila richieste d’asilo del 2015 all’attuale stabilizzazione di 40/50mila all’anno ma con circa 600mila ingressi dal 2017 al 2021 – con la contestuale insufficiente natalità degli autoctoni, nel 2065 potrebbe avvenire il sorpasso dei residenti non-europei sugli svedesi e di fatto, secondo gli studiosi, si verrà a creare una nuova nazione.

Si concretizzerebbe così una sostituzione di popolazione. Meglio non utilizzare il termine “sostituzione etnica” non gradito in Italia dall’ intellighenzia più colta e raffinata, sebbene di uso corrente in diritto e in sociologia per diretta derivazione dal sostantivo greco etnòs (popolo, nazione).

Sono molte le Nazioni europee interessate a questa tendenza, che al di là delle critiche suscitate dall’etimologia di una parola, sta divenendo oggetto di crescente interesse da parte di università e centri di ricerca, al di fuori di dibattiti e convenienze politiche.

Società e culture parallele, con stili di vita paralleli e immigrati riluttanti ad assimilarsi alle tradizioni locali, anche in Italia possono costituire un problema se il sistema di accoglienza non sarà in grado di gestire adeguatamente la rivoluzione migratoria in atto. Prova ne è l’altissima percentuale di immigrati (38%) tra la popolazione carceraria italiana e se il perfetto modello svedese di integrazione è fallito, è urgente che tutte le politiche europee in merito vadano ripensate radicalmente sennò le ripercussioni negative sulla coesione sociale saranno inevitabili. Pena lo sfaldamento delle Nazioni.


di Ferdinando Fedi