lunedì 27 marzo 2023
È trascorso appena un mese dall’imprevista elezione di Elly Schlein a capo della segreteria del Partito Democratico ed è già esplosa una clamorosa discordia interna sulle nomine dei capigruppo in Parlamento. In contrasto con la promessa di una gestione unitaria del partito, la pasionaria dem ha designato d’imperio Francesco Boccia al Senato e Chiara Braga alla Camera dei deputati. Tant’è che un dirigente del Pd vicino a Stefano Bonaccini è sbottato: “Macché democratica, Schlein non condivide le decisioni. Dobbiamo sperare nelle correnti, altrimenti saranno anni duri. Manco Renzi arrivò a occupare tutti gli incarichi come sta facendo Elly”.
Tuttavia, il presidente dell’Emilia-Romagna, che nel voto riservato agli iscritti aveva surclassato l’attuale segretaria, getta acqua sul fuoco, come riporta un lancio dell’Ansa: “Prima di partire per qualche giorno in una missione in Texas che avevo fissato da mesi – ha dichiarato Bonaccini nella riunione con i suoi – ho pensato fosse giusto raccogliere questo appello e dirvi che, se lo ritenete utile, mi muoverei come la segretaria mi ha proposto ancora stamattina: proseguire nel confronto per capire come intenda comporre il quadro complessivo nelle prossime ore, auspicabilmente da qui a lunedì. La linea e i nuovi assetti nei gruppi e nella segreteria. Per questa ragione vi proporrei di procedere così: non aprirei un dibattito su un quadro che manca di troppi elementi e userei il tempo che ci separa a lunedì per andare a chiuderli, a vedere qual è la proposta complessiva che Elly fa”.
Ciononostante, osservando la situazione dall’esterno, non sembra che in prospettiva ci sia molto spazio di mediazione tra la linea radicale incarnata dalla Schlein e quella assai più moderata che appare nettamente prevalente tra i quadri del Partito Democratico. Una tensione tra due anime assolutamente incompatibili – radicalismo intransigente e riformismo – che pare destinata a dare luogo all’ennesima scissione all’interno della più grande, almeno per ora, formazione politica di sinistra.
Una dicotomia che si è resa evidente proprio con l’imprevista ascesa della Schlein alla guida del Pd, in cui la nebbiosa suggestione del nuovo non ha assolutamente contagiato la struttura portante dello stesso partito, ma è riuscita a far presa nei riguardi della maggioranza dei cittadini che hanno partecipato alle primarie, in cui la vaga percezione del nuovo ha dominato la scena.
Ma se, come si suol dire, il buongiorno si vede dal mattino, l’aver posto a capo del Pd un personaggio con poche e assai confuse idee, che sembra voler rinverdire i fasti di un dirittismo di sinistra tutte chiacchiere e distintivo, non consentirà agli eredi di un partito che si vantava di venire da molto lontano di fare molta strada. E se la politica, come spesso sostenne Michail Gorbačëv, è l’arte del possibile, nell’utopia all’ingrosso della Schlein trovare qualcosa di concretamente realizzabile risulta una impresa quasi disperata.
di Claudio Romiti