sabato 18 marzo 2023
L’Ucraina esulta per il mandato cattura di internazionale spiccato dalla Corte Penale Internazionale contro Vladimir Putin, accusato di “deportazione illegale di popolazione dalle zone occupate dell’Ucraina”. Il presidente degli Stati Uniti si associa all’entusiasmo. Di fronte alle cruente immagini dei massacri di civili che ogni giorno la guerra in Ucraina ci mostra non si può che desiderare e chiedere a voce alta la punizione dei colpevoli e il ricorso a quell’imputazione, molto più facile da dimostrare rispetto a reati come il genocidio, facilita il procedimento. C’è solo da sperare che un mandato di cattura internazionale in questa fase, di fatto inattuabile, non ostacoli ulteriormente l’auspicabile inizio del processo di pace.
In tutte le guerre si compiono crimini che immancabilmente provocano sconcerto e per tentare di arginare l’efferatezza di comportamenti da cui derivano quei crimini orribili la comunità internazionale si è nel tempo dotata di uno strumento giuridico sovranazionale capace di punirne gli autori, la Corte Penale Internazionale.
È ad essa che Joe Biden si è sempre riferito per richiedere l’imputazione di Putin per crimini contro l’umanità ed è ad essa che Volodymyr Zelensky allude quando chiede di indagare per genocidio.
C’è solo un particolare, né gli Stati Uniti né l’Ucraina, forse per proteggere i propri cittadini dai poteri investigativi e giurisdizionali esterni, hanno mai voluto aderire allo Statuto che ha creato la Corte e, pertanto, non ne fanno parte. Non solo, Usa e Ucraina ma anche Russia, Cina India e Israele non si sono allineati alla maggioranza dei Paesi nel mondo (attualmente gli Stati membri sono 123) e oltre a rifiutare una giurisdizione superiore, talvolta ne hanno ostacolato il pieno esercizio delle funzioni.
Ed ecco che i crimini di guerra commessi dall’esercito russo in Siria non sono mai stati perseguiti poiché Russia e Siria non sono membri della Corte e stesso discorso per l’Arabia Saudita, neppure essa membro, con la conseguenza che i crimini commessi in Yemen non sono mai stati investigati.
Per quanto riguarda l’Ucraina, alcuni attivisti per i diritti umani e dell’Ong “Costa Pacifica” a suo tempo hanno raccolto una serie di prove di crimini contro l’umanità e crimini di guerra nel Donbass commessi sia dai militari russi che da quelli ucraini su cui mai si è proceduto.
Esponenti del Dipartimento di giustizia internazionale di Human Rights Watch sostengono che gli Stati che non riconoscono la Corte preferiscono tutelare i loro interessi nazionali piuttosto che quelli delle vittime di atroci delitti, mettendo a rischio l’essenza stessa dell’Istituto.
La Corte venne istituita con il Trattato di Roma del 17 luglio 1998 ed entrò in funzione il 1° luglio 2002. Il Tribunale, al di là dei risultati penali, ha contribuito ad affrontare il delicato settore dei diritti dell’uomo e del diritto umanitario dal punto di vista dell’effettività, superando così l’inerzia della mera enunciazione formale. Quale organo giudiziario permanente, ha rappresentato un’occasione per strutturare in modo stabile il sistema dei diritti umani e ha consentito nei Paesi che vi hanno aderito di tradurre principi astratti in norme penali cogenti.
Facile rispondere ai Paesi che affermano che il sistema leda la sovranità dei Paesi membri. La Corte si fonda sul principio di complementarietà ed interviene solo quando i singoli Stati competenti territorialmente per l’accertamento dei crimini internazionali non intendano procedere nei confronti dei presunti colpevoli oppure non ne abbiano le capacità.
Ora Zelensky e Biden sono finalmente entusiasti di questa speciale giurisdizione e si spera che l’entusiasmo si possa tradurre in adesione alla Corte. Al di là dell’attuale incriminazione di Putin, sarebbe un gesto dal grande significato simbolico utile a legittimare ulteriormente l’impegno dei giudici internazionali contro i più efferati crimini troppo spesso commessi in ogni guerra.
di Ferdinando Fedi