Ha vinto il Pd che perderà

lunedì 27 febbraio 2023


Elly Schlein? È una Nichi Vendola che ce l’ha fatta. Mi viene da condensare l’esito delle primarie democratiche così, con una sinossi di quelle particolarmente stringate. Sì, d’accordo, magari potrei pure definirla l’Ocasio-Cortez italiana o una Corbyn fuori tempo massimo, tuttavia tratteggiare parallelismi tra contesti politici e culturali così diversi è un’operazione assai rischiosa, oltreché vagamente parossistica.

Certo è che con la vittoria della Schlein diviene sempre più plastica quella trasformazione della sinistra italiana, prefigurata al tempo da Augusto Del Noce, in un partito radicale di massa, da intendersi come naturale sbocco del post-marxismo. Messa in termini più prosaici: diritti civili a go-go, ecologismo spinto, immigrazionismo sganciato da qualunque logica regolatoria e poi una grammatica politica fatta di inclusione, di sostenibilità, di resilienza, di equosolidarismo, di terzomondismo, di pauperismo e di altri termini poco raccomandabili aventi lo stesso suffisso.

Inoltre, il classico adagio del “nessun nemico a sinistra” si sostanzierà mediante la tessitura di un rapporto d’alleanza sia con il duo Bonelli-Fratoianni che con il Movimento 5 Stelle. Va da sé che l’area cosiddetta riformista non è contemplata in questo disegno di coalizione. Ciononostante per Carlo Calenda e Matteo Renzi potrebbero aprirsi scenari favorevoli in termini di nuovi arrivi nelle loro file da parte dei lib-dem (gli ex-renziani per intenderci) che vedranno ridurre notevolmente la loro influenza all’interno delle dinamiche partitiche.

Certo, un Pd che decide di virare maggiormente a sinistra – tradotto: più Stato e meno mercato – probabilmente sarà in grado di serrare le fila nei confronti di quella parte del suo popolo particolarmente identitario, nostalgico e – paradossalmente ma poi nemmeno tanto – giovane e cosmopolita, però difficilmente avrà una capacità attrattiva verso quell’elettorato, e attualmente di gran lunga maggioritario, che ha deciso di puntare sul centrodestra. Perché se con Stefano Bonaccini l’impresa poteva rivelarsi ardua, ora con la Schlein appare impossibile.

p.s.: per coloro che reputano la Schlein una sorta di David capace di sconfiggere i tanti Golia del Pd (leggasi capibastone, vertici assortiti, gerarchia d’antan), forse sarebbe opportuno andare a vedere chi sono coloro che l’hanno sostenuta. E ricordare anche che alle regionali emiliane non si prendono migliaia di preferenze da semisconosciuti anche se già con l’aurea dell’enfant prodige. Forse in quel consenso plebiscitario si poteva già intravedere un progetto di puro maquillage gattopardesco da parte dei matusa democratici.


di Luca Proietti Scorsoni