Rozzezza intellettuale tra complotti e trattative

martedì 24 gennaio 2023


L’Arma dei carabinieri, con i suoi 124 caduti per mafia, è l’Istituzione dello Stato che più ha pagato in vite umane ed è quella che alla mafia ha inferto i colpi più duri con la cattura di storici capi simbolici come Michele Greco, Totò Riina e, ora, Matteo Messina Denaro.

Tributi e successi sono ripagati dagli applausi della generalità dei comuni cittadini, applausi che però a tutti non piacciono ed ecco che, puntuale, arriva da una parte la delegittimazione di chi vede il complotto ovunque e da un’altra, quella delle gelosie tra inquirenti, la banalizzazione dell’indagine.  

La prima fa apparire l’indagine come conseguente ad una trattativa costruendo incredibili personaggi per dimostrare la tesi e utilizzando programmi tv e quotidiani che con il dovere di approfondire generano comunque dubbi.

Approfondimenti che talvolta zoppicano quando in un programma in prima serata seguito da milioni di persone il conduttore Massimo Giletti non ricorda neppure il nome del comandante del Ros che ha diretto l’operazione citando tale Pasquale Sante anziché Pasquale Angelosanto. Gravissimo sbaglio che pur se involontario contribuisce a sminuire l’autorevolezza del valente ufficiale dei carabinieri messo su un piano neppure paritetico con Salvatore Baiardo un tempo factotum dei boss Graviano, di cui, pur se vago su tutte le sue sconvolgenti dichiarazioni prive di fonte, viene rammentato con precisione ogni dettaglio anagrafico.

Dall’altra parte un’intervista dell’ex procuratore aggiunto di Palermo Teresa Principato rivela che incresciosi dissidi e sospetti all’interno della Procura fecero più volte fallire la cattura del noto latitante e autorevoli magistrati non più coinvolti nell’indagine riconducono invece l’arresto ad una mera volontarietà del numero uno della mafia che ha semplicemente deciso di consegnarsi.

Questi ultimi poi generano ulteriori dubbi citando un sistema di apparati dello Stato che governa i comportamenti delle mafie e, pertanto, facendo intendere che anche l’arresto in questione sia rientrato in disegni superiori.

Giovanni Falcone, grande magistrato che agiva senza teoremi o schemi precostituiti, non la pensava allo stesso modo. Nel famoso libro “Cose di cosa nostra” scritto con Marcelle Padovani infatti sosteneva che “crimini eccellenti hanno alimentato l’idea del terzo livello intendendosi con ciò che al di sopra di Cosa Nostra esisterebbe una rete ove si anniderebbero i veri responsabili degli omicidi, una sorta di supercomitato costituito da uomini politici, da banchieri, da alti burocrati dello Stato, da uomini dei Servizi, che impartirebbe ordini alla Cupola. Questa suggestiva ipotesi che vede una struttura come Cosa Nostra agli ordini di un centro direzionale è del tutto irreale e rivela una profonda ignoranza dei rapporti tra mafia e politica. L’idea del terzo livello prende le mosse, distorcendone il significato, da una relazione svolta da me e dal collega Giuliano Turone in cui avevamo distinto i delitti eventuali da altri essenziali. In altre parole i reati come contrabbando, estorsioni, sequestri di persona li avevamo definiti di primo livello. Al secondo livello avevamo classificato i reati che, non costituendo la ragion d’essere di Cosa Nostra, ne sono tuttavia l’indiretta conseguenza. Per esempio l’omicidio di un uomo d’onore che si è macchiato di uno sgarro. Poi vi sono i reati perpetrati per garantire la sopravvivenza dell’organizzazione: l’omicidio di un magistrato, di un commissario di polizia, di un prefetto. Ecco quindi l’omicidio di terzo livello. Attraverso un percorso misterioso, per non so quale rozzezza intellettuale, il nostro terzo livello è diventato il ‘grande vecchio’, ‘il burattinaio’ che, dall’alto della sfera politica tira le fila della mafia...”.

Falcone resta l’esempio di grande correttezza e di grande professionalità dei magistrati che lavorano sino all’estremo sacrificio.

Non si perpetui la sua accusa di rozzezza intellettuale e coloro che vedono complotti e azione dei Servizi dappertutto si rassegnino e considerino la cattura di un grande criminale come una netta vittoria dello Stato. Altrimenti dicano finalmente chi sono questi grandi burattinai!


di Ferdinando Fedi