La bicicletta, anzi il velocipede

lunedì 9 gennaio 2023


La Sinistra, praticamente al corto di argomenti per sostenere la sua opposizione, continua a tentare di infilare stoccate sul neofascismo repubblichino all’origine del partito poi evoluto in Alleanza Nazionale e Fratelli d’Italia. Silenzio di tomba sulla liberaleggiante Costituente di Destra e l’Unione con i monarchici democratici di Alfredo Covelli nella Destra Nazionale, anche perché i monarchici furono considerati fuori dall’arco costituzionale.

Si continua a parlare di una Repubblicanata dalla resistenza” e non in ottemperanza ai due decreti luogotenenziali di Umberto di Savoia, di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione dell’Assemblea costituente e il referendum sulla forma istituzionale dello Stato. Forse, per non accendere i riflettori su come il ministero degli Interni lavorò i voti ottenuti in quelle consultazioni.

La Sinistra ha sfruttato, per un anno, anche una data centenaria. Ossia il 1922, come se la marcia su Roma avesse fondato il “regime”. Fu un gesto per forzare la situazione, ma non dimentichiamoci come sfociò nel primo Governo di Benito Mussolini. Ovvero un Esecutivo di coalizione, con molte forze che poi, nel Secondo dopoguerra, fecero mostra di “antifascismo”.

Quell’anno vide anche la fondazione del “Partito Liberale italiano”. Nacque come struttura per dar forma alla parte egemone nel Risorgimento, parte fondatrice dello Stato nazionale unitario. Dopo un congresso dibattuto ne uscì con un indirizzo chiaro di Destra. Invece il fascismo – come rilevò Dino Grandi (osservatore durante quel congresso) – rivendicò su Il Giornale d’Italia del 12 ottobre di quell’anno la sua origine socialista. Quindi, originariamente, fu il Pli a essere a Destra.

Dopo la parentesi fascista, rinacque a Destra. E rivisse con uno scambio epistolare fra i senatori Benedetto Croce e Alessandro Casati. Croce fu indispettito dall’arbitrio d’alcuni suoi discepoli, i quali fecero il suo nome per legittimare il Partito d’Azione, giudicato un confusionario movimento liberalsocialista. Per cui scrisse a Casati, proponendogli la rifondazione del Pli, di cui fecero parte prima del regime. Alessandro Casati si disse d’accordo e Benedetto Croce annotò: “Il Partito Liberale è quindi ricostituito”. Con uno scambio epistolare. Inoltre, risorse con questo tipo di rapporto con le “masse”. Giovanni Malagodi lo portò ad un massimo risultato del 7 per cento. Scrisse persino un opuscoletto, titolato Massa non massa. Quindi, non bisogna muovere rimproveri a Giorgia Meloni se ha snobbato il centenario del Pli, perché impegnata nell’operazione di far prendere quota al suo partito, intercettando gli umori conservatori, di fatto maggioritari in Italia, ma sempre mal rappresentati.

Tuttavia, visto il rimbrotto mosso dagli avversari per quella fiamma tricolore, è bene ricordare l’intervento dell’onorevole Guido Maceratini al congresso del Partito Liberale del 1994 di messa in sonno della formazione. Egli rilevò come il Pli e il Movimento Sociale italiano – il primo con la bandiera, il secondo con la fiamma – fossero gli unici raggruppamenti a non avere mai ammainato il tricolore. Adesso, Giorgia Meloni ha incassato sia il successo dalle urne che il Governo del Paese. Il consenso elettorale dell’Italiano conservatore è assicurato, però l’eredità morale del Risorgimento non va snobbata. Il nuovo segretario del Pli del centenario, Roberto Sorcinelli, ha riportato il tutto a Destra. S’incontrino, quindi, per far garrire assieme il Tricolore.

Gli abbinamenti politici vengono simboleggiati con l’affiancare i simboli in una cosiddetta “bicicletta”. Allo stato, vista la consistenza dei partiti, forse assomiglierebbe a un velocipede ottocentesco, con la ruota avanti più grande. Se gli italiani lo percepiscono pedalato da galantuomini, è fatta.


di Riccardo Scarpa