sabato 26 novembre 2022
La scienza del clima era in un angolo oscuro e irrilevante del mondo accademico fino a quando si è presentata la grande occasione del “Riscaldamento globale”. Questa idea ha acceso una scintilla nei governi, istituzioni e media e si è propagata come un incendio. L’influenza e il denaro si sono riversati prima nel mondo accademico, poi in quello industriale. Già il presidente americano Dwight D. Eisenhower aveva messo in guardia contro la dipendenza dell’élite scientifico-tecnologica dalle sovvenzioni governative. Eisenhower temeva che le élites avrebbero usato la propria influenza e competenza per deformare le politiche pubbliche a proprio vantaggio. Questo è esattamente ciò che è avvenuto. Il riscaldamento globale è solo una delle tante frodi scientifiche del nostro tempo che hanno migliorato il benessere personale di scienziati e politici e portato alla creazione di nuove industrie che producendo meno energia a prezzi più alti stanno trasformando la crisi energetica in crisi alimentare in gran parte del mondo.
Come si è arrivati a tutto questo? A partire dalla Seconda guerra mondiale, nei maggiori Paesi industrializzati il flusso crescente di capitali ha contribuito a un graduale cambiamento nel carattere delle università di ricerca rendendo il denaro più importante della scienza. Gli amministratori concentrati sul denaro e sul potere sono cresciuti di numero diventando dominanti e spendendo miliardi di dollari per sviluppare modelli informatici dell’atmosfera terrestre nel tentativo di supportare la narrativa del riscaldamento globale. Modelli informatici, ovviamente manipolabili e obbedienti ai loro autori per mostrare qualsiasi risultato che supportasse la conclusione desiderata. Il riscaldamento globale ha così fornito a professori, amministratori e accademici la gallina dalle uova d’oro diffondendo la scienza spazzatura. Determinati a impedire a chiunque di uccidere la loro gallina, con l’aiuto dei media hanno scomunicato tutti i “negazionisti”. Così è nato il culto del clima apocalittico che ha apertamente dichiarato guerra ai combustibili fossili, al motore a combustione interna, alla Rivoluzione industriale e al capitalismo in generale. Le industrie tradizionali non avendo alcuna possibilità di vincere una guerra di propaganda con il mondo accademico, politico e mediatico senza rischiare lo strangolamento finanziario, hanno giurato fedeltà alla narrativa del riscaldamento globale convertendosi a un’inefficiente transizione energetica.
Gli scienziati accademici, i guru e i profeti del clima non osano criticare tutto ciò che porta denaro nella loro organizzazione. Gli scienziati medi, oggi poco più di impiegati, promuovono il riscaldamento globale e ci credono davvero. Dopotutto la fede è fondamentale nelle dottrine che portano denaro e i veri accademici che possono sfidare questa truffa preferiscono tacere: criticare la scienza spazzatura è pericoloso per chi non è supportato in grande stile dai governi. Non vediamo la fine di questa scienza spazzatura perché ci sono troppi soldi che vi affluiscono e perché i media mainstream sono compiacenti verso qualsiasi teoria che richieda la mobilitazione di più denaro e potere, non importa quanto distruttiva sia. Per loro la narrativa del riscaldamento globale è meravigliosa perché fornisce ai governi la giustificazione di regolamentare quasi tutto.
I programmi che il culto del clima sta attuando minano il concetto stesso di proprietà privata. Se la terra appartiene a tutti, anche i beni immobili e, in definitiva, i mezzi di produzione devono appartenere al “collettivo” poiché anche questi hanno un impatto sulla terra. Con lo stesso ragionamento, tutti i diritti di proprietà possono essere controllati, ridotti, costretti e cancellati da parte dei “collettivi”, cioè dai governi. Infine, i fanatici del clima apocalittico vedono gli umani come flagello della terra, quindi meglio eliminarli quanti più possibile, magari anche con un armageddon nucleare.
Tutto quanto sopra detto è a titolo di riflessione sull’ultima conferenza climatica, Cop27, conclusasi di recente in Egitto, dove si è continuato a far finta di poter controllare le temperature, il livello del mare, l’attività delle tempeste e l’impronta di carbonio rilasciata dagli umani. Del resto è quello che si tenta di fare dal 1989 da quando le Nazioni Unite predissero, “su basi scientifiche”, che restavano solo dieci anni per salvare il pianeta. Ora, trentatré anni dopo, la loro ultima terribile previsione è che ci restano ancora circa dieci anni per salvarlo. Non importa quanto sballate siano le previsioni precedenti, le ultime sono quelle che contano, basta che spaventino miliardi di persone fino alla sottomissione per poi trovare un modo per carpire loro più denaro possibile. Pure i Paesi del Terzo mondo hanno capito che il clima può essere la loro gallina dalle uova d’oro e così hanno richiesto ai Paesi sviluppati “riparazioni climatiche” a titolo di indennizzo per i danni creati dalle emissioni di carbonio della Rivoluzione industriale. Naturalmente ignorano che il cambiamento climatico c’è da miliardi di anni e quando ancora non c’era il carbone si bruciava legna che pure produceva Co2, tant’è che nel 535 d.C. l’imperatore Giustiniano emanò un editto sull’aria pulita.
In conclusione, come nelle precedenti conferenze si è assistito a un’altra litania di previsioni apocalittiche senza che gli oratori, capi di Stato, funzionari delle Nazioni Unite, celebrità e attivisti, impermeabili all’imbarazzo per le falsità allarmistiche risalenti al secolo scorso, siano stati neppure in grado di respingere l’insolente richiesta di riparazioni climatiche. Pertanto spostati ancora al futuro gli obiettivi per la catastrofe imminente, il ritmo di questa pagliacciata purtroppo continuerà, mentre il mondo è avviato verso la letargia verde.
di Gerardo Coco