Il Parlamento desacralizzato

giovedì 17 novembre 2022


Le aule parlamentari, mi riferisco alle sedi delle Assemblee, possono essere adibite ad attività extraparlamentari, estemporanee oppure no? La mania o la smania di protagonismo hanno spinto gli organi politici che governano Palazzo Madama e Montecitorio ad autorizzare con sempre maggiore frequenza lo svolgimento di manifestazioni nelle aule maggiori. Non sto pensando alle visite delle scolaresche o dei cittadini, che approvo in pieno come contatto con la realtà “fisica” del Parlamento. Alludo invece ai concerti, alle premiazioni, ai convegni, alle celebrazioni inconferenti e roba del genere, che non hanno alcuna attinenza né con le funzioni proprie delle Camere né con ciò di cui esse sono il simbolo e che desacralizzano i luoghi e le istituzioni, senza aggiungere un che di più alle manifestazioni che vi si svolgono. Sembrano l’espressione di un frivolo autocompiacimento degli organi costituzionali per eccellenza, la cui dignità deriva direttamente dall’investitura e dalla rappresentatività, ed alla quale nulla può aggiungere altro.

L’intento dichiarato di queste manifestazioni è a dir poco bizzarro. Servirebbero ad avvicinare elettori ed eletti, la politica al popolo. Se bastasse una sonata o una cantata per stringere al meglio il legame tra la rappresentanza parlamentare e la sovranità popolare, sarebbe fatta. Seppure sottovoce, temo che producano l’effetto contrario, se non alcun effetto. L’intento sotteso da siffatte manifestazioni, invece, è meno aulico. I malevoli, che abbondano nel popolo, potrebbero pensare ad una certa qual forma di propaganda aggiuntiva ovvero di promozione politica per il tramite delle sacre aule.

Mentre i suddetti organi politici lasciano che nelle Assemblee i rappresentanti vengano distratti dai congegni elettronici compulsivamente adoperati dai vicini di banco, hanno preso a cuore, in omaggio al progressismo teorico e pratico, anche la condizione delle parlamentari in puerperio, autorizzandole ad allattare in Aula i loro bambini. Lo ha deciso, nientemeno, la Giunta del Regolamento di Montecitorio, allineandosi al Parlamento europeo. Orbene, qui mi sorgono delle perplessità e devo mettere le mani avanti. Da padre, da nonno, da essere umano, affermo che poche visioni inteneriscono quanto una madre che porge il seno al fantolino in braccio. Nondimeno, è indispensabile che la neomamma allatti sugli scranni del Palazzo? Davvero, secondo una deputata, “oggi la Camera compie un passo importante per il rafforzamento della civiltà e dei diritti in Italia”?

Ricordo a me stesso che, in un tempo non lontano, le puerpere prediligevano allattare con discrezione e riservatezza, specialmente al riparo dagli occhi maschili, a meno che non potessero fare altrimenti nell’interesse del neonato. Davvero, adesso, devono poter allattare in un’assemblea parlamentare per non interrompere la partecipazione ai lavori? Sento nelle orecchie l’obiezione: “È una potestà delle puerpere!”. È vero, tuttavia non sono affatto convinto che il diritto di allattamento nobiliti chi l’ha decretato, chi lo ha ricevuto e il luogo dove esercitarlo. A me questo pseudo diritto sembra un idolo del tardo femminismo e perciò un’altra specie di desacralizzazione del Parlamento, realizzata, per supremo paradosso, con un atto tra i più sacrali della vicenda umana.


di Pietro Di Muccio de Quattro