Risorgimento liberale

martedì 11 ottobre 2022


Plaudo anch’io, con il direttore e la redazione, al risorgimento del Partito Liberale Italiano. Del resto, ho militato sia nella Gioventù Liberale che in esso, dai miei diciotto anni fino allo scioglimento del Pli, avvenuto nel 1994. Ne ho tratteggiato la storia in Inverno Liberale-storia del Pli, (Sallustiana editrice, Roma, 1997). Ebbe quel titolo perché cent’anni fa, nel 1922, i liberali si dettero quella struttura, mentre non l’avevano durante tutto il Risorgimento, quando furono egemoni nell’affrontare la legge elettorale proporzionale. Quell’anno, però, fu anche lo stesso della marcia su Roma e del primo gabinetto di Benito Mussolini. Il proporzionale, con suffragio universale, non portò bene ai liberali. Anche quando il fascismo tramontò nel 1943, nell’Assemblea costituente del 1946 e nelle legislature successive il Pli non raggiunse mai una percentuale a due cifre. Non ricordo in quale anno, in un Consiglio nazionale, Salvatore Valitutti si rivolse a Giovanni Malagodi, all’epoca Presidente d’onore, apostrofandolo così: “Ti ricordi, Giovanni, quando, in Senato, tu eri capogruppo, ed io facevo il gruppo?”.

Lo scrivente si ricorda come quel giorno fosse seduto accanto a Ernesto Di Broglio, vera e impareggiabile figura di gentiluomo liberale. Mi auguravo alla fine di quel testo che, riapparsi i collegi uninominali – in un’ambiente in cui la maggiore formazione politica di nuovo conio si definì liberale – il liberalismo sarebbe stato capace di uscire dalle strettoie della storia, con Antonio Martino caposcuola ideale di quella formazione. Non fu così. Nel frattempo, nell’accademia fui chiamato a esercitare diversi insegnamenti, a contratto, tra cui Sociologia della politica e dei fenomeni politici. Questo genere di studi mi ha portato a capirne il motivo. I liberali hanno un’anima individualista e ognuno di costoro esprime tre o quattro partiti. I cosiddetti social lo manifestano. Ciascuno può avere una pagina Facebook, può essere su Instagram, può allegramente cinguettare. Spesso il liberale esprime così le sue diverse anime. Lo comprese benissimo Benedetto Croce. Questi si fece promotore della rifondazione del Partito Liberale Italiano, nel 1943, perché troppi suoi “allievi” si richiamavano alla sua filosofia. E poi militavano nel Partito d’Azione, un soffritto liberal-socialista per lui inimmangiabile. Però lo vide sempre come un pre-partito.

Gloria, comunque, al risorgimento del Partito Liberale Italiano. Consiglio tuttavia due cose: il doppio tesseramento, per mirare a tutta la platea del centrodestra. E operare – non per strappare qualche parlamentare a quei partiti per avere un gruppo – per la costituzione, sotto la sigla Pli, di un intergruppo, consentito dagli attuali regolamenti parlamentari, che comprenda gli esponenti di tutto il centrodestra sotto un unico ideale: il suo amor di Patria, rappresentato da quel Tricolore.


di Riccardo Scarpa