Evitare la normalizzazione

venerdì 7 ottobre 2022


Il primo pericolo che deve evitare Giorgia Meloni è quello della normalizzazione. Il “palazzo” cercherà in tutti i modi di “istituzionalizzarla”, tentando di orientarne le sue decisioni in funzione delle lobby che hanno sempre, direttamente o indirettamente, gestito il potere in Italia. L’operazione è cominciata già prima delle elezioni, in quanto i sondaggi politici la davano vincente. Sono uscite delle indiscrezioni, che consideravano molto vicini l’uscente presidente del Consiglio, Mario Draghi e la potenziale subentrante a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni. In sostanza, un Governo in continuità con quello dell’ex presidente della Banca centrale europea, lasciando ovviamente – nei dicasteri chiave – i ministri indicati dal tecnocrate e graditi al Presidente della Repubblica. In pratica, un Esecutivo europeista a prescindere. Nulla deve contare per la nostra Nazione, se gli altri Paesi aderenti all’Unione europea si fanno i loro interessi, quando e se lo ritengono utile. Filo-americano anche contro i nostri specifici interessi: praticamente un Governo in linea con la peggiore tradizione gattopardiana della politica italiana. Un Esecutivo sotto tutela, formalmente espressione del voto popolare ma, nella sostanza, eterodiretto da Bruxelles e dalla Casa Bianca. Garante dell’operazione? Mario Draghi ovvero il “presidente” in pectore della Nato.

La forza della leader di Fratelli d’Italia è stata la sua militanza politica, la coerenza nelle scelte operate e il solido ancoraggio ai sani principi conservatori dell’Occidente. Incarna, della tradizione missina, il percorso che parte dal lavoro nelle sezioni di partito e che è sempre stato propedeutico a qualsiasi possibilità di carriera politica. Nel Movimento Sociale italiano – come in Fratelli d’Italia – le candidature si conquistano con la militanza politica, con il lavoro costante: nelle sezioni di partito, nelle piazze, nella società, affiggendo manifesti e distribuendo volantini. La candidatura a tutti i livelli si conquista sul campo ed è meritocratica. Nel Movimento Sociale italiano non esistevano i cosiddetti indipendenti o quelli calati dall’alto. Fare politica significava procedere con la classica gavetta. I galloni si conquistavano in “azione”, partendo da soldato semplice ma sempre con la possibilità di diventare generale.

Il comportamento assunto dalla prossima presidente del Consiglio dei ministri, dopo la vittoria elettorale, cozza con la sua personalità e carattere. Assumere una postura istituzionale, non può e non deve essere la cifra che dovrà caratterizzare la sua esperienza di capo dell’Esecutivo. Giorgia Meloni è stata votata dagli elettori per quello che è, non per quello che gli altri vogliano che sia! Deve stare attenta: chi in questo momento la blandisce ha un secondo fine, quello cioè di sterilizzare l’effetto del voto e prosciugare il consenso che si è conquistata.

Giorgia Meloni faccia tesoro dell’esperienza dei leader di centrodestra. Il presidente Silvio Berlusconi, fino a quando si è fidato del suo istinto, che lo metteva in sintonia con il Paese, ha vinto le elezioni nonostante gli attacchi concentrici subiti dalla magistratura. Lo stesso Matteo Salvini – fino a quando non si è fatto condizionare dalla “Lega governista” – è cresciuto nei voti e nella rappresentanza politica. Appena ha dismesso la “felpa” per indossare giacca e cravatta, i consensi hanno iniziato a scemare.

Bene ha fatto Giorgia Meloni quando ha detto che il Pnrr è in ritardo e che il prossimo vertice europeo sull’energia sarà un fallimento. Appena andrà a Palazzo Chigi dovrà effettuare una operazione di verità sui conti pubblici lasciati dal “Governo dei migliori”. Occorre segnare una chiara discontinuità. Al centrodestra, in generale, e a una donna di destra come premier, in particolare, non sarà perdonato niente!


di Antonio Giuseppe Di Natale