Entrano i “pagliacci”

lunedì 25 luglio 2022


In attesa che si dispieghi la più infuocata campagna elettorale della storia repubblicana, per arrivarci è stato inscenato un desolante spettacolo politico, il quale ha toccato il suo apice al Senato, durante il voto di fiducia sul Governo Draghi. In tal senso, mi è parsa particolarmente significativa una battuta al riguardo di Antonello Piroso il quale, citando una celebre frase di Michel Platini, che contestava la ripresa della finale della Coppa dei Campioni dopo la strage allo stadio Heysel di Bruxelles, così si è espresso nel salotto di Enrico Mentana, suo successore alla guida del tg de La7: “Quando cade l’acrobata, entrano in scena i pagliacci”.

Una metafora piuttosto azzeccata, in cui l’ex presidente della Banca centrale europea, tirando bordate poco a manca e molto a destra, è precipitato malamente a terra per aver tentato una acrobazia politica impossibile da realizzare. Ovvero, quella sorta di salto mortale all’indietro con quattro avvitamenti nel ritenere che, già in piena campagna elettorale, i partiti della sua maggioranza procedessero allineati e in fila per tre fino alla scadenza naturale della legislatura.

Ed a questo punto i clown, che a quanto pare rappresentano il partito trasversale più numeroso in Parlamento, hanno fatto il loro trionfale ingresso sulla scena. Su tutti vanno segnalati i superstiti del Movimento Cinque Stelle, che hanno sostenuto Giuseppe Conte nel suo velleitario tentativo riportare i grillini sulle barricate di una protesta a 360 gradi. La loro decisione di garantire il numero legale, con la formula “presente ma non votante”, conferma l’impressione che dietro la loro rottura si celava l’obiettivo di passare all’opposizione, sperando però che in qualche modo il ministero Draghi restasse ancora in piedi, così da incassare fino all’ultimo giorno utile i cospicui emolumenti ad appannaggio dei parlamentari.

Ma anche Enrico Letta e Mariastella Gelmini – quest’ultima ha addirittura abbandonato per protesta Forza Italia – si sono letteralmente superati sul piano della comicità. Il segretario del Partito Democratico ha pubblicato il seguente sfogo su Twitter: “In questo giorno di follia il Parlamento decide di mettersi contro l’Italia. Noi abbiamo messo tutto l’impegno possibile per evitarlo e sostenere il Governo Draghi. Gli italiani dimostreranno nelle urne di essere più saggi dei loro rappresentanti”. Da qui si capisce che in Letta, il quale come Robespierre evita di fare i nomi dei presunti traditori, in questo caso coloro i quali portano la responsabilità dello strappo, alberga ancora la folle idea del campo largo, ovvero la surreale alleanza con un M5S che sembra aver perso ogni parvenza di credibilità.

Altrettanto comica la posizione della fuoriuscita Gelmini, la quale ha accusato Forza Italia di “aver voltato le spalle agli italiani e alla sua storia”. Non si comprende, infatti, cosa avrebbe potuto fare di diverso il partito più moderato del centrodestra dopo l’inverosimile aut aut, stile prendere o lasciare, espresso da Mario Draghi nelle sue comunicazioni al Senato. Oramai il dado era tratto e il ricompattamento dello stesso centrodestra era la sua inevitabile conseguenza.

D’altro canto, dover abbandonare la poltrona di un ministero rappresenta un fatto doloroso per tutti, compresi gli altruisti in servizio attivo permanente, che hanno sostenuto in tutti i modi l’Esecutivo Draghi solo e unicamente nell’interesse del Paese. Se non stessimo al circo dei pagliacci, potremmo anche prenderli sul serio. 


di Claudio Romiti