E ora “riposino in pace”

domenica 24 luglio 2022


Era scontata la “perdita” dei governisti di Forza Italia che si erano imbullonati alle poltrone ministeriali. Al presidente Silvio Berlusconi dico – utilizzando il canto tre, verso 51 della Divina Commedia del sommo poeta Dante Alighieri – “non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. Il loro destino sarà lo stesso di quanti, e sono molti, hanno cavalcato l’onda del successo elettorale di Forza Italia e si sono allontanati nei momenti più difficili. In politica è una costante: la riconoscenza è una qualità rara.

Nelle dichiarazioni di commiato gli ex forzisti, ma da tempo draghiani in pectore, giustificano la loro decisione addebitando al partito, che ha reso possibile il loro ruolo nel Governo, colpe che i fatti contraddicono. Secondo loro, Forza Italia avrebbe dovuto continuare a donare il sangue ad un Esecutivo che guardava solo a sinistra, disinteressandosi delle legittime richieste di una verifica di Governo. Quello che era accettabile per il Partito Democratico e per i Cinque Stelle non era ammissibile per le altre forze politiche che sostenevano il cosiddetto Governo di unità nazionale. La dichiarazione più grave è quella di Renato Brunetta, che ha avuto il coraggio di addebitare al presidente di Forza Italia la “perdita di lucidità”. Se o politicanti italiani avessero, anche solo in parte, la lucidità e lungimiranza di Silvio Berlusconi, avremmo una classe politica degna del nostro Paese.

Sono certo che la ritrovata sintonia e l’idem sentire dei leader di centrodestra sarà foriera di un programma politico di legislatura incentrato sulle riforme costituzionali, una vera riforma della giustizia, la libertà d’impresa, il contenimento della spesa pubblica improduttiva, un nuovo patto fiscale con chi investe e rischia nelle proprie imprese, una riforma che metta ordine sugli ammortizzatori sociali. La riforma costituzionale deve prevedere l’elezione diretta del Capo dello Stato o del capo del Governo. Una giustizia giusta il cui principio cardine, nel penale, deve essere “oltre ogni ragionevole dubbio” e non condanne motivate con “non poteva non sapere”. La libertà d’impresa deve significare che l’imprenditore che rischia i propri capitale e il suo lavoro non deve essere ostacolato da una burocrazia opprimente: regole chiare che non devono essere suscettibili di interpretazione del pubblico funzionario. Contenimento della spesa pubblica improduttiva che dovrà essere funzionale alla riduzione del fardello del debito pubblico che ci rende esposti alla speculazione finanziaria e di fatto meno liberi. Il patto fiscale deve prevedere un condono tombale simile a quelli del 1982 e del 1992 che furono sanatorie che permisero all’erario dello Stato di incassare rispettivamente il 113 per cento e il 120,6 per cento del gettito previsto senza effetti negativi sui consumi.

È una occasione irripetibile: il centrodestra senza le scorie che si è portato dietro negli anni può avere la maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento. E quindi riformare la Costituzione.


di Antonio Giuseppe Di Natale