La crisi? Una opportunità

venerdì 15 luglio 2022


La (quasi) caduta ingloriosa del Governo presieduto dal professor Mario Draghi è il naturale epilogo di forzature costituzionali che sono cominciate nel 2011 con la fine della guida di Silvio Berlusconi – pianificata e realizzata dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – e di un Esecutivo espressione della volontà popolare. Con la nomina del professor Mario Monti a presidente del Consiglio l’Italia formalizzava, nella sostanza, la fine della propria sovranità nazionale.

La medesima operazione è stata realizzata dal presidente Sergio Mattarella. La sovrapposizione delle due scelte fatte degli inquilini del Quirinale ha dell’incredibile. Entrambi i tecnocrati ambivano a traslocare direttamente da Palazzo Chigi al Colle più alto. In tutte e due i casi non ci sono riusciti. Come si è eclissato Mario Monti, anche Mario Draghi rischia di subire il medesimo destino. Si è concretizzata “La sindrome di Medea”. Da quel nefasto momento, il mantra che giustificava ogni nefandezza contro il nostro Paese è stato “ce lo chiede l’Europa”.

L’ultimo insormontabile ostacolo da rimuovere con ogni mezzo era rappresentato da Silvio Berlusconi che per l’establishment italiano ed europeo era un leader indipendente, il quale non si rendeva disponibile a sottostare alla colonizzazione di fatto del nostro Paese. Ciò che era concesso alla Francia e alla Germania non poteva essere accettato per l’Italia. Il Governo italiano doveva sottostare ai diktat dei falchi europei anche contro i legittimi interessi della nostra nazione. Gli stessi politici della sinistra italiana, pur di contrastare il Governo, facevano da sponda alle cancellerie europee ostili all’Esecutivo di centrodestra eletto democraticamente. L’appoggio europeo ai governi espressione della nomenklatura di sinistra (utili idioti) è sempre stato funzionale alle scorribande dei gruppi stranieri propensi all’acquisizione delle nostre migliori banche e dei gioielli del miglior made in Italy. Il principio di reciprocità tra i Paesi membri dell’Unione europea doveva essere a senso unico. Assoluta libertà di acquisizione da parte dei gruppi stranieri, soprattutto francesi, delle nostre banche e imprese. Chiusura ermetica se invece erano le società italiane che volevano acquisire imprese d’Oltralpe. I transalpini o gli stessi tedeschi, se le norme comunitarie contrastano con i loro interessi nazionali o delle loro Costituzioni, se ne fregano letteralmente.

La crisi “politica” potrebbe rappresentare la definitiva archiviazione di oltre vent’anni di sospensione, di fatto, della democrazia in Italia. È la fine di una lunga stagione di governi di tecnocrati e di governi “del Presidente”, asserviti agli interessi di una Europa matrigna. È la fine di governi ai quali partecipa, per diritto divino, il Partito Democratico senza mai vincere alle urne. Le elezioni politiche anticipate sono un’occasione, irripetibile, per il centrodestra unito di riportare l’Italia nel consesso dei Paesi pienamente democratici e indipendenti.


di Antonio Giuseppe Di Natale