Controriforma del trasporto su gomma: Giovannini batta un colpo

martedì 12 luglio 2022


La liberalizzazione è mobile qual piuma al vento, almeno nel caso del trasporto su gomma su lunga percorrenza. Lo scorso novembre, il Parlamento aveva approvato una nuova disciplina del settore, finalizzata a razionalizzare la normativa e consentire lo sviluppo di un servizio importante, soprattutto per le persone con meno capacità di spesa. Le misure previste erano tutt’altro che rivoluzionarie, ma quantomeno facevano ordine: per esempio, l’obbligo di attraversare almeno tre Regioni per aprire una linea veniva superato indicando una percorrenza minima (250 chilometri), così come si superava l’assurdo divieto di collegare città-capoluogo all’interno del medesimo territorio regionale. Ora, però, anche queste conquiste di buonsenso sono a repentaglio: mentre infatti il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili (Mims) non ha ancora emanato i necessari provvedimenti attuativi, in Parlamento si affacciano emendamenti bipartisan che metterebbero in seria difficoltà ogni possibile concorrenza e innovazione nel settore.

Se fossero accolti, essi interverrebbero sulla disciplina, sostanzialmente subordinando l’autorizzazione delle nuove linee al placet delle Regioni e, soprattutto, dei gestori del trasporto pubblico regionale e locale. In pratica, l’iter autorizzativo sarebbe molto più lungo e incerto rispetto a quello disegnato dalla riforma di novembre, che prevede il solo via libera del Mims (il quale, comunque, ha ben sei mesi per pronunciarsi). Il problema non riguarda solo il coinvolgimento delle Regioni, spesso sensibili agli interessi di società locali di trasporto, che vedono come il fumo negli occhi l’arrivo di concorrenti più attrezzati e in grado di garantire un servizio migliore ai viaggiatori.

Ancora più assurdo è il coinvolgimento degli esercenti del servizio di trasporto pubblico locale e regionale: non solo perché essi sono solo marginalmente in concorrenza con il trasporto su gomma a lunga percorrenza (che, peraltro, non offre servizio continuativo, ha percorrenze ultra-regionali e non vende abbonamenti). Nella misura in cui i due servizi si sovrappongono, gli operatori del Tpl hanno ovviamente un colossale conflitto di interessi. I ricavi di questi soggetti sono in gran parte coperti dai contratti di servizio. L’incentivo ad attrarre la clientela è già limitato; se poi viene eliminata ex lege qualunque, pur limitata, alternativa, allora chi ne pagherà le spese saranno necessariamente i clienti.

A novembre, il Parlamento ha approvato una modesta apertura del mercato. Il Governo ne aveva giustamente rivendicato i benefici. Anziché smontare quel poco che si è fatto, bisognerebbe respingere gli emendamenti controriformisti e velocizzare i decreti attuativi. Il ministro Enrico Giovannini dovrebbe dire una parola chiara, se non vuole dare l’impressione di essere ostaggio di una resistenza corporativa.


di Istituto Bruno Leoni