Emergenza immigrati: c’è, ma nessuno se ne accorge

sabato 9 luglio 2022


Il dubbio che tormenta gli italiani non verte su cosa faranno Giuseppe Conte e i Cinque Stelle, se resteranno in maggioranza o passeranno all’opposizione del Governo Draghi, ma su cosa gli pioverà addosso a causa dell’aumento incontrollato del flusso migratorio dalle coste africane.

I media fingono che il problema non esista. Invece c’è, eccome. Basta leggere i numeri degli sbarchi forniti dal ministero dell’Interno. All’8 luglio sono approdati in Italia 30.866 immigrati irregolari. Nel 2021 ne sono arrivati, nello stesso periodo, 22.728; nel 2020, 7.554. Un trend in salita che non può non spaventare gli italiani. Anche perché sul fenomeno migratorio incombono due incognite che potrebbero farlo esplodere in forme e numeri significativi. In primo luogo, per il Continente africano c’è il rischio carestia, legato agli eventi negativi della guerra russo- ucraina. Al momento, si riscontra l’impossibilità di far partire dai porti ucraini del Mar Nero le tonnellate di grano stivate nei silos e destinate a marcire se non si trova una soluzione per consentirne l’esportazione. In secondo luogo, il riaccendersi della crisi interna allo Stato libico che ha portato negli ultimi giorni ai tumulti e alle violenze scatenati dalla popolazione a Tobruk e in altre città del Paese nordafricano.

E l’Italia? In questo scenario il nostro Paese non può fare altro che restare a guardare preparandosi a subire gli effetti devastanti di ciò che di terribile potrà accadere dall’altra parte del Mediterraneo. Non è una bella prospettiva. Tuttavia, ce la dobbiamo prendere con noi stessi. A cosa sono serviti dieci anni di potere quasi ininterrotto della sinistra in tutte le sue declinazioni, non ultima quella grillina? A rendere l’Italia una nazione impotente. Giuseppe Conte regnante, ci siamo fatti buttare letteralmente fuori dal board delle nazioni che avrebbero dovuto sovrintendere al processo di pacificazione nazionale e di ricomposizione dello Stato libico. A Tripoli, un tempo, contavamo. Adesso non contiamo più nulla. Mario Draghi regnante, ci siamo posti alla testa del fronte anti-Vladimir Putin senza che nessun Paese alleato, in America e in Europa, lo avesse chiesto. E lo abbiamo fatto ignorando platealmente le conseguenze che una scelta di campo pro-Ucraina, espressa in termini tanto assertivi, avrebbe comportato. Lo abbiamo fatto misconoscendo l’influenza di Mosca nel teatro libico e nella maggior parte dei Paesi della fascia sub-sahariana. Russia che mantiene un occhio di riguardo per il Governo egiziano di Abdel Fattah al-Sisi, partner privilegiato in Nordafrica. Ora, se si considera che la nazionalità di maggiore provenienza degli immigrati, dopo il Bangladesh, è l’Egitto, a chi si pensa di chiedere aiuto per fermare l’emorragia di vite umane in fuga dal Paese delle piramidi? A Vladimir Putin, nonostante lo si sia amorevolmente definito: dittatore, macellaio, animale?

Oppure, pensiamo, come sembra ritenere il nostro premier, che ci si debba affidare ai buoni uffici di un altro stinco di santo, il turco Recep Tayyip Erdogan? Lo stesso che a Tripoli ha provveduto a mettere alla porta il Governo italiano, prendendone il posto come Paese di riferimento per l’area geografica della Tripolitania. Quello stesso Erdogan che da anni lavora per sottrarre anche l’Albania alla sfera d’influenza italiana? Erdogan, il dittatore “buono”, che usa i migranti siriani come arma di ricatto per estorcere denari e vantaggi economici all’Unione europea. Erdogan, quello che, parafrasando il titolo di un noto film, i nemici politici interni e gli oppositori li fa fuori solo d’estate. Questo è il quadro. Tanto preoccupante da smuovere il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita di Stato in Zambia, a constatare che le migrazioni incontrollate e spesso illegali, disordinate e irregolari, che impoveriscono l’Africa di giovani energie utili allo sviluppo del continente premono sull’Europa.

Cosa dire? Meglio tardi che mai nel prendere atto della realtà. Ma non basta. Osservare un fenomeno non significa governarlo. E il nostro Paese nelle condizioni nelle quali è messo, con una povertà assoluta, censita dall’Istat al 2021, che colpisce poco più di 1,9 milioni di famiglie (7,5 per cento del totale dal 7,7 per cento nel 2020) e circa 5,6 milioni di individui (9,4 per cento come l’anno precedente), non ha la forza di gestire un aumento incontrollato del flusso migratorio dalle coste africane. Basta guardare com’è messo in queste ore l’hotspot di Lampedusa per farsi un’idea del disastro prossimo venturo. Che fare? Non facciamoci illusioni, con questo Governo e con questa maggioranza non si combinerà un bel nulla sul fronte del contrasto all’immigrazione irregolare. Con un Matteo Salvini a cui i “governisti” interni alla Lega hanno tagliato le unghie, non si comprende chi nella maggioranza possa alzare la voce e pretendere che il Governo faccia qualcosa per evitare il peggio.

Al contrario, esiste il concreto rischio che la sinistra, approfittando della situazione, rilanci alla grande il suo progetto integrazionista parandosi dietro il pretesto che sarebbe solo colpa di Putin, che impedisce il libero transito del grano, se tutta la disperazione africana si dovesse riservare sul nostro Paese. L’assalto in Parlamento, orchestrato in questi giorni dal Partito Democratico, per approvare in coda di legislatura una legge sullo Ius scholae, che regalerà la cittadinanza italiana a circa 280mila minori stranieri, va esattamente nella direzione di cancellare il senso stesso della parola patria dall’idem sentire degli italiani.

L’apertura dei porti agli immigrati irregolari è solo un tassello del mosaico che si completa con l’espianto radicale dalla nostra cultura del valore millenario dell’appartenenza identitaria, a beneficio dell’instaurazione dell’egemonia della fluidità anche nell’identità etnico-territoriale oltre che nel genere. A fare muro contro una probabile invasione migratoria non sarà certo l’Europa. A Bruxelles sono troppo impegnati a garantire gli interessi dei Paesi del Nord dell’Unione per preoccuparsi di ciò che potrebbe accadere, anzi accadrà, agli italiani. Per quanto disperante a noi poveri cristi, vittime consapevoli dell’insipienza di chi ci governa, non resta che aggrapparci all’attesa messianica di una palingenesi elettorale. Contiamo i mesi, le settimane, i giorni, le ore che ci separano dall’apertura delle urne per il rinnovo della legislatura. Riguardo allo stato d’animo della maggioranza degli italiani, viene alla mente un parallelismo di pessimo gusto, ma efficace nel rendere il contesto. Siamo come quel tal malato di cancro che conta gli istanti che lo separano dall’intervento chirurgico che gli salverà la vita. Già, perché fino a quando dal Parlamento non verrà estirpato il bubbone Cinque Stelle, il paziente Italia non potrà dirsi guarito. Tuttavia, rimuovere la massa cancerosa non basterà, ci sono le metastasi da raschiare. E, purtroppo, nell’ultimo periodo intorno alla leadership di Mario Draghi se ne sono formate parecchie. In attesa che il chirurgo-popolo faccia il suo lavoro, non ci resta che restare vigili, tenere le antenne alzate sperando che il bisturi elettorale non giunga a incidere la carne viva quando la salute del paziente Italia sia già stata compromessa.


di Cristofaro Sola