La corrente “giggina”

domenica 26 giugno 2022


Dopo la scissione della corrente giggina da quella grillina, è in atto un linciaggio bipartisan alla volta del ministro degli Esteri, reo di aver tradito il mandato della Rete, di aver sconfessato il suo ruolo di cittadino, di portavoce pentastar. Noi siamo lontani da qualsiasi contiguità con il mondo grillino, ma qualcuno dovrà darci atto del fatto che abbiamo sempre criticato aspramente Luigi Di Maio per le sue gravi carenze culturali, politiche, grammaticali e personali. Però, questa volta, ci tocca difenderlo, perché “Giggino” (e la sua corrente di giggini) ha scoperchiato l’atavica illogicità su cui si fonda il Movimento 5 stelle. Ha meramente catalizzato un inesorabile processo disgregativo che sarebbe comunque arrivato, data l’ambiguità del messaggio politico, che non poteva stare in piedi.

Addirittura Giuseppe Conte dovrebbe ringraziare Di Maio perché, se il Movimento non chiuderà definitivamente alle prossime Politiche, è solo perché qualcuno potrà additare il capo della Farnesina, dicendo che era la mela marcia che remava contro le istanze pentastar da buon prezzolato della “kasta”. In realtà, non è così per una serie di motivi. Se, tra Camera e Senato, quasi cento persone abbandoneranno la nave grillina, allora appare chiaro che in molti (per interessi personali o per convinzione) si sentano a disagio: vuoi perché la vedono affondare, vuoi perché magari ci sono i topi a bordo o vuoi perché il capitano e gli ufficiali annaspano senza rotta, perché incapaci conclamati.

Probabilmente, Luigi Di Maio e la corrente giggina hanno conosciuto la politica e, per differenza, hanno compreso quanto nauseabonda fosse quella sbobba che il “Divino Beppe” imponeva loro spacciandola per linea politica. I giggini hanno scoperto quello che noi andiamo sbattendo loro in faccia su queste colonne da anni: uno non vale uno. L’uomo della strada (anche se ha studiato) preso a caso e sbattuto in un’aula parlamentare non ha possibilità di sopravvivere in un mondo che richiede astuzia, sangue freddo, standing, competenza, esperienza e velocità di pensiero.

In pratica, consegnare la “pucchiacchia in mano alle creature” è una cattiva idea nota a tutti eccetto all’ideologia grillina, secondo cui il Quisque de populo può fare il ministro degli Esteri degnamente e senza coprire di ridicolo la nazione che rappresenta nel mondo. Dopo due legislature molti di costoro si sono dati un contegno e hanno capito che le Istituzioni non sono come l’aula magna del liceo ove durante le occupazioni si può far casino parlando di utopie mentre si blatera contro il sistema e si pomicia con quella del primo banco. Luigi Di Maio ha conosciuto la “Kasta” e ha visto che, pur essendo moralmente discutibile, ragionava e parlava meglio di quegli scappati di casa dei suoi amici “frikkettoni” alla “Dibba”.

E allora il gruppo WhatsApp su cui si decideva la linea politica grillina gli deve essere sembrata una boiata pazzesca. Ma è vero anche il contrario: per fare la rivoluzione dura e pura, ponendosi come movimento alternativo al sistema, bisogna avere contenuti, coraggio e capacità uguali o maggiori rispetto al sistema che vuoi sovvertire. E dove diavolo vai con un branco di nerd che ancora parlano di conchette lunari o di scie chimiche? Dove vai con gli europarlamentari che devono fare un intervento in aula ma rinunciano perché non sanno l’inglese? La risposta i giggini se la saranno data l’altro giorno alla buon’ora: da nessuna parte.


di Vito Massimano