Francia: la fine dell’Assemblea nazionale

lunedì 20 giugno 2022


Mi aspetto valanghe di commenti sui risultati del ballottaggio per l’elezione dei deputati all’Assemblea nazionale francese: il presidente, Emmanuel Macron, ha una maggioranza troppo risicata perché il suo Governo possa attuare la sua politica; il Raggruppamento nazionalista di Marine Le Pen ha raggiunto il massimo dei voti mai ottenuti nella sua storia, anche quando si chiamava Fronte e non Raggruppamento; con l’unione delle sinistre, Jean-Luc Mélenchon ha ottenuto, comunque, una grande vittoria e, nell’annunciarla, ha sfogato la sua magniloquente arte retorica.

Appena un accenno, se non grande silenzio, su chi ha veramente vinto: il cinquantotto per cento degli astenuti. Tutti lor signori rappresentano solo il settanta per cento dei francesi, cioè non la Nazione. Perché ai francesi – lo si è scritto – un’Assemblea non più sovrana non interessa nulla?

Ma come nacque l’Assemblea nazionale? Venne in vita quando, nel 1789, i deputati degli Stati generali rifiutarono di riunirsi secondo i mandati avuti dai loro ceti (aristocrazia, clero e dal terzo stato) e si riunirono come deputati della Nazione. Perché quei ceti, allora, non significavano, socialmente, più nulla.

Per quale motivo, adesso, i francesi non vanno a votare? Poiché le decisioni, riguardanti anche loro, non sono prese lì. Fine della storia. Tutti ne prendano atto. Sul Globo le democrazie nazionali sono come quella di Atene sotto Alessandro Magno o quella dei diadochi che ebbe in mano l’Acaia, o Roma. Oggi sono in mano a potentati privati transnazionali, non statali. E, perciò, incontrollabili dalle rappresentanze nazionali.

Peraltro, una società civile transnazionale che sia, oggi, un “terzo stato”, non è ancora sorta. Sono nate, sì, organizzazioni transnazionali, ma di settore. Non “fanno popolo”. Gli ecologisti si occupano di ambiente, le leghe dei diritti dell’uomo di diritti umani e così via, ma non hanno ancora coscienza comune delle interconnessioni. Per non parlare delle internazionali dei partiti politici, che ormai si riuniscono per incontri di società, ma senza disegni strategici di prospettiva. Le organizzazioni di categoria, poi, ancora peggio. Per esempio, gli agricoltori sono tutti dipendenti dalla Monsanto, che rifila loro semi che producono spighe con semi sterili, buoni solo per far farina ma non per essere accantonati per nuovi raccolti e, in prospettiva, rendersi autonomi. Tanto per fare solo un esempio, eclatante, delle molte cose imposte loro da questa o pochissime altre multinazionali. Però loro non affrontano a muso duro la questione, ma se la prendono con l’agricoltura biodinamica, che dipenderebbe dalla Demetra! Come Don Abbondio che borbotta contro Renzo e Lucia, i quali avrebbero la bella pretesa di essere sposati dal curato. Suvvia!


di Riccardo Scarpa