Referendum: diciamoci la verità

martedì 14 giugno 2022


In queste ore fioccano le interpretazioni più disparate sul presunto flop referendario, create ovviamente a uso e consumo delle segreterie di partito. Per tutti coloro che in queste ore, in ossequio ai desiderata d’oltre confine vogliono trovare in Matteo Salvini un capro espiatorio, è lapalissiano il fallimento del leader leghista, reo di aver messo il naso in un campo minato pericolosissimo. Tutti coloro che, invece, desiderano trovare delle valide attenuanti alla scarsa affluenza, invocano il sabotaggio a opera dei poteri forti. Noi, più modestamente, riteniamo che il fallimento referendario sia una sorta di autocombustione, una manifesta dichiarazione di sfiducia dei cittadini verso la politica e non verso l’istituto referendario in senso stretto.

E come dar loro torto, se negli ultimi cinquant’anni tutti i “” scomodi sono stati insabbiati da una politica che poi ha spesso disatteso l’esito proveniente dalle urne referendarie. Nel 1987, l’80 per cento dei cittadini votò a favore della responsabilità civile dei magistrati ma la politica, forse per paura delle toghe, inventò una serie di incredibili supercazzole per insabbiare il volere del popolo. Potremmo citare l’abrogazione del ministero dell’Agricoltura o di quello del Turismo e dello Spettacolo, depennati con il 77 per cento dei voti e subito dopo rinati sotto mentite spoglie. Oppure potremmo andare avanti con il referendum del 1995 sulla privatizzazione della Rai o sull’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti politici (1993) per poi planare verso i più recenti giudizi popolari vertenti sua acqua ed energia. Tutto questo sarebbe sufficiente a spiegare quanto poi la politica se ne fotta del volere dei cittadini non adeguando la legislazione alla volontà popolare.

E allora, dopo questa breve carrellata di prese per i fondelli, apparirà chiaro quanto la gente consideri una inutile perdita di tempo questo finto esercizio di democrazia posto in essere da Istituzioni che, prima, ti chiedono cosa ne pensi e poi fanno come credono. E se il buongiorno si vede dal mattino, cosa avrebbero dovuto pensare i cittadini di fronte all’appello di Repubblica, che a urne quasi aperte ha invitato i suoi lettori a votare “no”, in spregio al silenzio elettorale? Avranno pensato che siamo alle solite e saranno andati al mare.


di Vito Massimano