Ci vorrebbe un neo-maccartismo ritagliato sugli autocrati di oggi

giovedì 14 aprile 2022


È inutile girarci intorno: se il nemico dell’Occidente è in parte cambiato – in parte perché, sotto sotto, la talpa comunista scava ancora – deve anche mutare l’approccio ideologico di contrapposizione culturale. Ad esempio, un neo-maccartismo tarato su Vladimir Putin, Recep Tayyip Erdogan, il populismo un tanto al chilo, possibilmente finanziato palesemente o meno dai suddetti. Magari non più localizzato sul cinema e sulle grandi produzioni hollywoodiane e non. Ma sui ben più modesti, per non dire miseri, dibattiti ossessivi dei talk-show televisivi. Che in questo momento storico oltre a essere nauseanti, superficiali, disinformati e approssimativi, possono anche servire da quinta colonna mediatica e geopolitica per questi autocrati. Non si tratterebbe più di “intelligenza” con il nemico, come si diceva un tempo. Ma di oggettiva “deficienza”. E però tutto sommato il prodotto non cambia.

Oggi tutti si credono filosofi, strateghi di guerra, rivoluzionari e le idiozie che un tempo scrivevano con il pennarello sui muri dei cessi degli autogrill – per citare Umberto Eco – o le frasi minacciose, gli slogan violenti che vergavano con lo spray e la vernice sui muri nottetempo, li possono mettere su finti profili social. E se tanti altri scemi danno loro retta con un semplice “like”, i fake diventano pure influencer. E alla fine ti trovi i loro esegeti con le tende accampati in tv. Siccome in tempo di Guerra fredda – o tiepida – come oggi, non ci si può permettere all’infinito questo stato di fatto, un sano neo-maccartismo appare a molti l’unica possibile soluzione. Bandire gli idioti e fare una specie di lista nera in questo caso non sarebbe discriminatorio. A molti potrebbe persino sembrare una forma se vogliamo un po’ dura – à la guerre comme à la guerre? – di legittima difesa. Con l’avvertenza che non si crei lo stesso boomerang generato proprio dal maccartismo, per cui l’unica vera vittima, alla fine del periodo storico in questione, fu proprio il senatore Joseph McCarthy, come racconta un bellissimo libro che pochi conoscono, “Blaklisted by history. The untold story of senator Joe McCarthy and his fight against America’s enemies”. Il “senator”, che aveva ricevuto dal misconosciuto Samuel Klaus un rapporto redatto il 3 agosto 1946 contenente il memo confidenziale di 106 pagine zeppe di nominativi, episodi e sospetti su cui indagare, cioè le carte che poi confluirono nella famigerata commissione McCarthy, e che presentavano decine di nomi di funzionari governativi sospettati di esser pagati dall’Urss – così come oggi sicuramente ne esistono tanti di dossier che indicano i nomi dei politici europei a libro paga di Putin e forse anche di Erdogan, Nicolás Maduro e dell’Iran – fu consegnato dalla nemesi storica alla “damnatio memoriae”. Come Nerone. E come se fosse stato lui a tradire l’America.

Inoltre, ancora una volta, il dito dell’imbecille fu quello a essere guardato dalla maggior parte della gente, invece della luna che indicava. Lo “scandalo” si focalizzò su alcuni nomi della Red Hollywood e la maggior parte delle carte in cui erano contenuti nomi di spie sovietiche nel Pentagono, nel Congresso e in altri delicati apparati dello Stato vennero fatte sparire. A futura non memoria. Probabilmente dall’Fbi di John Edgar Hoover che poi, in seguito, usò molti di quei dossier per condizionare anche futuri presidenti americani. Oggi molti studiosi rivalutano quantomeno il patriottismo e la buona fede di McCarthy. Per cui che problema ci sarebbe a promuovere un neo-maccartismo contro i populismi di destra e di sinistra che stanno minando l’Europa?


di Dimitri Buffa