Basta con i “no” a tutto e con le idiozie green

lunedì 28 marzo 2022


C’è sempre da imparare da ogni cosa, da ogni vicenda, anche la più drammatica quale può essere una guerra per esempio. L’aggressione russa ai danni dell’Ucraina, oltre ai tanti interrogativi sul piano del diritto internazionale, della sovranità e della autodeterminazione dei popoli, sta costringendo, per il presente e soprattutto per il futuro, a fare serie riflessioni circa gli approvvigionamenti energetici. L’Europa, dipendente dal gas russo per una percentuale importante, è l’area del mondo che più si deve interrogare su una ridefinizione dei fornitori e delle fonti di energia. E nel Vecchio Continente il Paese che è più obbligato di altri membri dell’Unione europea a farsi delle domande e, si spera, a darsi delle risposte costruttive, beh, è proprio il nostro.

Francia e Germania aumentano l’uso del carbone, alla faccia della ideologia green rinvigoritasi ultimamente dopo le manifestazioni di Greta Thunberg. E quasi tutte le nazioni europee, chi ne ha di più e chi di meno, dispongono di centrali nucleari attive e funzionanti. Se le fonti di approvvigionamento sono diversificate, è chiaro che le eventuali ritorsioni di un fornitore, dovute a tensioni politiche o militari, spaventano un po’ di meno. Certo, l’Europa sembra decisa a trovare una via d’uscita sul fronte delle risorse energetiche in maniera unitaria e collegiale, includendo, com’è ovvio, anche l’Italia. C’è l’offerta del gas americano e un certo attivismo, pare, del premier Mario Draghi, e ci auguriamo che tutto ciò significhi una prima risposta sufficientemente incisiva. Ma non dimentichiamo che la nostra Penisola è l’anello più debole della catena europea. Dopo la catastrofe di Chernobyl del 1986 esplose in Italia una sorta di psicosi collettiva e di terrore irrazionale nei confronti dell’uso della energia nucleare. E tale sentimento, alimentato da una propaganda faziosa e sciocca, portò il Paese a privarsi, mediante referendum, delle centrali nucleari. Salvo poi dover essere costretto a comperare questa energia presso nazioni vicine come la Francia.

Dopo l’autolesionismo antinucleare vi è sempre stato un movimento del “No” a tutto o quasi (no ai rigassificatori, no ai gasdotti, no a qualsiasi opera infrastrutturale cruciale): un pezzo di Italia, vagamente ambientalista e soprattutto di sinistra, coccolato da alcuni partiti a fini elettorali, a cui manca del tutto il senso della realtà. In tempi più recenti si è aggiunta, senz’altro non solo in Italia, una rinnovata ideologia green, sobillata dalla giovane svedese Greta Thunberg, che ha spinto i potenti del mondo a indicare scadenze per la produzione di veicoli diesel e a benzina, e per lo sfruttamento dei combustibili fossili.

L’Italia, che già sconta ritardi e decisioni scellerate, lasci intanto perdere la tutela ambientale ritenuta come un insieme di dogmi e di divieti illiberali, e non faccia più l’occhiolino agli integralisti del “No”, considerato poi che i principali Paesi occidentali, complici probabilmente il rincaro delle materie prime e il conflitto in Ucraina, iniziano ad accantonare il “gretinismo” con il ritorno al carbone, peraltro mai abbandonato. Il nostro Paese ha più strada da fare di altri, ma se non inizia ora a reagire, non reagirà mai più e si troverà sempre in balìa del Vladimir Putin di turno.


di Roberto Penna